Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
Firenze, 1 luglio 2019
Ancora morti nell’ennesimo attacco degli estremisti islamici nel nord del Mozambico. Una cellula di jihadisti chiamati, dalla popolazione al Shebab, ha assaltato Quionga, un villaggio di pescatori a dieci km dal confine con la Tanzania.
L’attacco, il 26 giugno, ha causato undici morti, alcuni dei quali decapitati, come è successo durante altri assalti jihadisti, nel distretto di Palma, nella provincia di Cabo Delgado. I sopravvissuti, due mozambicani e sei tanzaniani, sono stati trasportati all’ospedale di Mtwara, in Tanzania.
“Verso le 19 sono venuti nel villaggio uomini armati con l’uniforme dell’esercito dicendo che erano di pattuglia” – ha raccontato ai giornalisti uno dei sopravvissuti. “Uno di loro mi ha detto di sedermi perché il comandante voleva parlarmi e hanno cominciato a sparare. Io, pur ferito alle braccia, sono riuscito a scappare ma mio zio e altri del villaggio sono morti”.
È la prima volta che i jihadisti si avvicinano così pericolosamente alla cittadina di Palma dove, nei giacimenti off-shore di gas naturale (LNG) operano ENI ed ExxonMobil. E dove, 400 km a sud-ovest, nel distretto di Montepuez, si trova il più grande giacimento di rubini del mondo.
“Le nostre attività sono concentrate nell’off-shore dove c’è la produzione” – spiegano dall’ufficio stampa ENI -. “Stiamo lavorando al consolidamento dei pozzi e abbiamo gli uffici a Pemba, 400km da Palma”.
Il coinvolgimento di cittadini tanzaniani nell’ultimo attacco jihadista a Cabo Delgado ha fatto muovere la Tanzania. Domenica scorsa si sono incontrati il capo della polizia del Mozambico, Bernardino Rafael, e il suo omologo tanzaniano, Simon Siro, per decidere una strategia comune.
Lo scorso 16 giugno, secondo l’Agenzia di stampa mozambicana (AIM), in un’offensiva delle forze di sicurezza mozambicane contro una base jihadista sono morti 26 militanti islamisti. Nei combattimenti sono rimasti feriti 13 militari.
Gli attacchi jihadisti a Cabo Delgado sono iniziati nell’ottobre 2017 e fino ad oggi hanno causato oltre 200 morti. Il “salto di qualità” delle cellule jihadiste nell’estremo Nord del Mozambico è del 5 giugno durante uno scontro con l’esercito mozambicano. In quell’occasione, sul web, per la prima volta è arrivata la rivendicazione come Stato islamico.
Secondo un’indagine sullo jihadismo nel Nord dell’ex colonia lusofona, voluta dal presidente Filipe Nyusi, il vero nome del gruppo sarebbe Ahlu Sunnah Wa-Jamma. Si tratta di cellule con bassissimo livello di istruzione addestrate nella Regione dei Grandi Laghi e che vogliono un governo dettato dalla sharia. I loro capi si finanziano attraverso il contrabbando di avorio e di legno pregiato della provincia del Niassa e di rubini di Montepuez a Cabo Delgado.
Quasi 200 persone sospettate di jihadismo sono state arrestate negli ultimi dodici mesi e sono sotto processo. Si tratta per la maggior parte mozambicani ma tra gli imputati ci sono anche somali, tanzaniani, burundesi e congolesi della RDC.
Sandro Pintus
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