Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 1° luglio 2019
L’Ufficio del primo ministro etiopico, Abiy Ahmed, ha fatto sapere sul proprio account twitter venerdì scorso che negli ultimi giorni sono stati effettuati parecchi arresti. Ben 212 persone sono state fermate in relazione al fallito “colpo di Stato” del 22 giugno scorso nella regione Amhara, durante il quale è stato ucciso il governatore, Ambachew Mekonnen, il suo consulente Ezez Wassie, mentre il procuratore generale della regione, Migbara Kebede, è morto lunedì in seguito alle ferite. Altri 43 individui sono detenuti nella capitale Addis Ababa, dove, sempre sabato scorso, sono stati ammazzati il capo di Stato maggiore, Seare Mekonnen e un altro ufficiale in pensione.
Tra gli arrestati figura anche Christian Tadele, portavoce del Movimento Nazionale dell’Amhara (National Movement of Amhara), un partito etnocentrico, diventato molto popolare negli ultimi mesi. Pochi giorni prima della sua cattura Tadele aveva fatto sapere ai reporter di Al Jazeera che 56 membri del NAMA sarebbero stati imprigionati nella capitale, mentre decine di altri membri e simpatizzanti sarebbero in carcere in altre parti del Paese.
Lunedì scorso è stato ucciso il presunto cospiratore del fallito colpo di Stato in Etiopia. Asamnew Tsige, un ex generale, arrestato nel 2009 e dopo la sua liberazione nel febbraio di quest’anno era stato riabilitato e nominato addirittura capo della sicurezza dell’Amhara, è stato freddato dai militari dell’esercito etiope alla periferia di Bahir Dar, capoluogo della regione Amhara, nel nord del Paese.
Asamnew, un nazionalista amhara convinto, dopo la sua riabilitazione aveva promesso di sostenere il proprio popolo e all’inizio del mese, durante una telefonata avrebbe informato un anziano religioso dell’area di preparasi al “martirio” per proteggere questo gruppo etnico dalle persecuzioni.
Le autorità di Addis Ababa hanno accusato Asamnew di aver addestrato gruppi di milizie e la polizia stessa per essere in grado di attaccare stati regionali confinanti e mettere così in discussione il potere del governo federale.
Secondo quanto riferito da Abera Bayeta, direttore dell’ufficio Pace e Sicurezza della regione Benishangul-Gumuz, lunedì scorso sarebbero state brutalmente ammazzate una cinquantina di persone, tra loro anche bambini, a Metekel, al confine con l’Amhara. Si sospetta che le violenze siano state perpetrate da miliziani vicine a Asamnew.
Dopo l’uccisione di Seare, Abiy ha nominato venerdì Adem Mohammed come nuovo capo di Stato maggiore. Precedentemente Adem era il direttore dell’Intelligence, che sarà ora diretto da Demelash Gebremichael, mentre Molla Hailemariam è il nuovo comandante delle Forze di terra della Difesa etiopica.
E finalmente è stato reso noto anche l’identità dell’assassino di Seare e di Gezai Abera. Si chiama Mesafint Tigabu ed era la guardia del corpo del capo di Stato maggiore. Mesafint è attualmente piantonato in ospedale, perchè ferito gravemente durante una sparatoria.
Dopo gli assassinii della scorsa settimana, la tensione è visibilmente cresciuta in tutto lo Stato. Da tempo il secondo Paese più popolato del continente africano è teatro di continui scontri etnici, quasi sempre causati da controversie sui confini distrettuali. Anche se l’Etiopia è unificata politicamente da secoli, la convivenza di oltre cento milioni di persone, appartenenti a oltre ottanta gruppi, non è semplice. Molti osservatori ritengono che il federalismo etiopico, strutturato su basi etniche, potrebbe essere una delle cause delle rivalità comunitarie, una visione che però non è sempre condivisa.
L’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (OCHA) ha reso noto che attualmente oltre 2,35 milioni di persone hanno lasciato le loro case proprio a causa delle violenze; l’Etiopia risulta essere il Paese con il maggior numero di sfollati al mondo, superando persino la Siria.
In base a quanto riferisce il Centro di monitoraggio degli sfollati interni (IDMC), un gruppo di studio con sede a Ginevra, la situazione umanitaria è peggiorata in modo significativo nell’ultimo anno. Attualmente 8,13 milioni di persone necessitano di aiuti alimentari.
Abiy Ahmed, primo ministro, al potere da poco più di un anno, durante il suo primo discorso alla nazione nell’aprile 2018, aveva richiamato l’attenzione della popolazione sulla necessità dell’unità dell’Etiopia. Un percorso ancora lungo e in salita. Il governo di Addis Ababa dovrà effettuare riforme interne, sopratutto economiche, volte a creare occupazione e maggiore stabilità alle popolazioni in conflitto. Certamente l’oppressione in atto in questo momento non è la chiave per risolvere i problemi. E’ necessario aprire un ampio dialogo a livello nazionale con i gruppi etnico-nazionalisti, in forte crescita da diverso tempo, anche per non ricadere negli orrori del passato. Durante il regime militare, al potere dal 1974 al 1991, tra purghe e guerra civile l’Etiopia ha avuto oltre un milione di morti.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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