Maseru, 29 giugno 2019
Migliaia di allevatori della capra d’Angora, dalla quale si ricava il pregiato tessuto mohair, hanno protestato venerdì scorso davanti al Parlamento a Maseri contro la legge che li obbliga a vendere i loro prodotti a un broker cinese.
La lana, in particolare il mohair, sono le principali merci di esportazione del Paese e le autorità di Maseru hanno firmato un accordo esclusivo della durata di un anno, con un commerciante di lingua cinese e sembra che questi non abbia mai pagato la merce ai produttori.
Alcuni membri di All Basotho Convention, partito del primo ministro Thomas Thabane, molti oppositori di raggruppamenti politici dell’opposizione e persino il fratello del re, Seeiso Bereng Seeiso, si sono uniti alla marcia di protesta degli allevatori.
Mokoenihi Thinyane, presidente dei produttori della categoria (National Wool and Mohair Growers Association), ha fatto sapere: “Preferiamo bruciare il mohair e la nostra lana, piuttosto che venderla ai cinesi”.
Giovedì, il giorno precedente alla protesta, il governo ha sospeso l’accordo esclusivo per tre mesi, permettendo così agli allevatori di vendere la propria merce a livello internazionale e non solamente ai cinesi. Ma gli allevatori – sono oltre 30.000 in tutto il Paese – chiedono il totale annullamento dell’accordo siglato dal primo ministro Thomas Thabane con i cinesi.
Il regno del Lesotho (che in bantu significa: il popolo che parla la lingua sothu), è una monarchia parlamentare. I rapporti tra il re Letsie III, i partiti e l’esercito sono fragili, ma stabili. Il Paese conta poco più di due milioni di abitanti e il 40 per cento della popolazione vive con meno di 1,25 dollari al giorno. La maggior parte è cristiana, il 15 per cento animista, mentre solo il 5 per cento è musulmana. Economicamente è uno dei Paesi meno sviluppati al mondo; la sua economia dipende quasi esclusivamente dal Sudafrica.
Il tasso di propagazione del virus HIV è uno tra i più alti del mondo: un abitante su tre (compresi donne e bambini) ne è affetto.
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