Franco Nofori
25 giugno 2019
C’è un’indubbia coerenza nel fatto che un’amena località tropicale, ispirata all’Italia, pur se a oltre settemila chilometri di distanza, ceda alla tentazione di emulare la propria musa. Ecco allora che Malindi, la “little Italy” del Kenya, non poteva che scegliere il meglio, cioè: la capitale del bel Paese; la celebrata “Città Eterna”; quella cui “tutte le strade conducono”: Roma. E sì che Roma offre molte meraviglie cui ispirarsi, ma le autorità governative dell’ex colonia britannica, hanno deciso per una scelta davvero bizzarra: le strade capitoline. Intendiamoci, non l’Appia antica, ma le strade odierne, quelle costellate da voragini, quelle che fanno dire agli eredi dell’antico impero, che tutto ciò che di eterno è rimasto a Roma, sono le buche del manto stradale.
Così Malindi entra in competizione con la caput mundi e – pur se su un’area meno estesa – offre il suo bravo dissesto stradale per la gioia del sempre più ridotto numero di visitatori. Ormai a protestare per questa situazione, non sono solo gli operatori turistici occidentali, stremati da labili promesse mai mantenute, ma insorgono anche gli imprenditori locali, perché il degrado della cittadina costiera sta letteralmente falcidiando incassi, occupazione e investimenti. Ecco cosa scrive al quotidiano locale The Nation, Mufaddal Shabbir, un commerciante malindino che possiede alcuni negozi d’abbigliamento, oltre ad altre attività nell’indotto turistico:
“Occorre che il governo di Contea e quello centrale, intervengano urgentemente o perderemo anche quel poco turismo rimasto che ci consente di sopravvivere. La gloria di Malindi non è più quella di dieci anni fa. Oggi non raggiungiamo più neppure il dieci per cento di allora”. “incidentalmente – osserva a sua volta il redattore del Nation – una parte della parola Ma-lindi significa appunto, buco”. Ma i disagi di quella che era un tempo la più attiva destinazione turistica del Kenya, non si fermano alle cattive condizioni delle strade, si estendono alle infrastrutture in genere e alla fornitura dei servizi essenziali, come acqua ed energia elettrica, le cui erogazioni vengono spesso e lungamente interrotte per inadeguata manutenzione degli impianti e annose questioni di bollette non pagate.
Sempre il Nation, in una delle sue più recenti edizioni, punta il dito sulla decadenza della cittadina, dando voce ai sempre più allarmati commenti dell’associazione turistico-alberghiera del Kenya. Molti hotel, anche quelli più prestigiosi, non hanno più sufficienti risorse, per provvedere alla manutenzione ordinaria delle proprie strutture e ovunque si avverte un senso di abbandono e di degrado. Bar e ristoranti, mostrano un desolante numero di tavoli vuoti; la disoccupazione cresce vertiginosamente e con essa cresce anche la criminalità. Il settore immobiliare è devastato e – a fronte del numero irrisorio di chi vuole comprare – c’è l’imponente moltitudine di chi cerca disperatamente di vendere e lasciare il Paese.
Ciò che queste ignare turiste italiane stanno facendo in questo video,
istigatedai loro anfitrioni locali, può portare all’arresto immediato
Questa situazione, ha fatto crollare il prezzo degli immobili a meno della metà del loro valore di mercato. Il Dottor Pierino Liana, direttore dell’agenzia di consulenza Excon, afferma che il proprietario di una villa di lusso, del valore di circa tre milioni di euro, può dirsi fortunato se riesce a liberarsene incassando meno di un milione. Insomma, una vera e propria disfatta. A tutto questo si aggiunge la sempre più molesta attività di pubblici funzionarti e beach boy. I primi minacciano turisti e residenti con la continua richiesta di bustarelle e ricorrendo spesso alla minaccia d’arresto; i secondi vessano i sempre più sparuti gruppi di bagnanti che non hanno più un minuto di pace e sono costretti di rifugiarsi all’interno degli alberghi, riducendo così la loro esperienza africana ai bordi di piscine.
Non meno tenere sono le sempre più complesse normative che scoraggiano investitori e residenti, assoggettandoli a un’interminabile serie di adempimenti burocratici, spesso espressi in modo confuso e indecifrabile. Si dice che Malindi sia tuttora la destinazione più ambita da agenti di polizia, del fisco, dell’ambiente e dell’immigrazione, al punto che pare si debba pagare sottobanco – a un dirigente corrotto – fino a mille euro per potervi essere trasferiti. E’ facile immaginare come i solerti funzionari pubblici, una volta ottenuto il trasferimento, si ripromettano di recuperare l’esborso effettuato.
Fa anche la propria parte, lo stuolo d’ineffabili avvocati che assistono (si fa per dire) l’incauto investitore che ricorre al loro patrocinio per ribellarsi alle vessazioni dello Stato. Si troveranno impegolati in interminabili procedimenti giudiziari, finché, dilapidate le proprie risorse, in continue eccezioni e rinvii, si dichiareranno sconfitti, con buona pace dell’avvocato che si godrà compiaciuto il prezzo dell’insuccesso. Infine, non meno disastrosi si riveleranno anche molti degli amori sbocciati sui bagnasciuga, nelle discoteche e nei bar, dove il (o la) partner, faranno scempio di quanto rimasto, lasciando cuori spezzati e portafogli vuoti. Quando tutto ciò avviene, il celebrato “mal d’Africa” esce definitivamente dal pathos filosofico-sentimentale, per trasformarsi in un vero “male” dolorosamente avvertito.
Franco Nofori
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