Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 19 giugno 2019
Miliziani di ISWAP (Islamic State West Africa Province), una fazione di Boko Haram, capeggiata da Abu Musab al-Barnawi, che colpisce prevalentemente basi militari, lunedì sera hanno preso d’assalto una caserma a Gajiram, nel Borno State, Nigeria. Finora sono stati ritrovati i corpi di quindici soldati. Molti altri militari mancano ancora all’appello e le ricerche sono tutt’ora in atto.
Dopo l’attacco alla base militare, i terroristi si sono spostati al centro della città, dove hanno saccheggiato diversi negozi. I residenti, terrorizzati, si sono nascosti nelle loro case o sono fuggiti in campagna. Secondo alcuni testimoni, nessun civile è stato ucciso o ferito.
ISWAP ha attaccato tre caserme nel giro di un mese e in passato proprio quella di Gajiram è stata presa di mira già più volte dai jihadisti.
L’amore per il calcio è costato la vita ad almeno trenta persone a Konduga, nel nord-est della ex colonia britannica. Domenica sera, mentre un gruppo di giovani stava seguendo una partita alla televisione in un locale al centro della cittadina, che dista una quarantina di chilometri da Maiduguri, capoluogo del Borno State, si sono fatti saltare per aria tre kamikaze, uccidendo almeno trenta persone, i feriti sono oltre quaranta, alcuni in gravi condizioni. Finora la carneficina non è stata ancora rivendicata, ma il modus operandi è tipico dei jihadisti rimasti fedeli al leader storico di Boko Haram, Abubakar Shekau.
Secondo Usman Kachalla, direttore di SEMA (State Emergency Management Agency) Agenzia statale di pronto intervento, ha fatto notare che se i soccorsi fossero arrivati in tempo, molte persone avrebbero potuto essere salvate e ha aggiunto: “La gente muore per la mancanza di infrastrutture in grado di gestire emergenze del genere. Inoltre i mezzi di soccorso sono partiti con grave ritardo da Maiduguri perchè bisognava attendere le necessarie autorizzazioni da parte del esercito per recarsi sul luogo dell’attentato”.
Secondo Usman Kachalla, direttore di SEMA (State Emergency Management Agency) Agenzia statale di pronto intervento, se i soccorsi fossero arrivati in tempo, molte persone avrebbero potuto essere salvate e ha aggiunto: “La gente muore per la mancanza di infrastrutture in grado di gestire emergenze del genere. Inoltre i mezzi di soccorso sono partiti con grave ritardo da Maiduguri perchè bisognava attendere le necessarie autorizzazioni dell’ esercito per recarsi sul luogo dell’attentato”.
Anche i soccorritori corrono gravi rischi a causa dell’insicurezza che caratterizza tutta la zona; i terroristi sono ovunque, pronti a tendere imboscate anche ai mezzi di soccorso.
Un testimone ha riferito che i feriti malconci sono rimasti in strada per ore e sono così morti dissanguate. Inoltre anche negli ospedali manca tutto, a partire dai medicinali.
Konduga è stato teatro di altri attacchi jihadisti in passato. La cittadina dista pochi chilometri dalla foresta Sambisa, dove si trovano diverse basi dei terroristi. E proprio poche ora prima dell’ultima aggressione, una delle più gravi registrate negli ultimi mesi nella regione, un portavoce dell’aeronautica militare nigeriana aveva sostenuto che, grazie a diverse incursioni aeree, avrebbero liberato gran parte dell’area, costringendo i miliziani Boko Haram a ritirarsi nella foresta.
Anche cinque anni fa, il 17 giugno, durante i mondiali 2014, i jihadisti avevano fatto esplodere una bomba davanti a un bar di Damaturu, la capitale dello Stato di Yobe, dove un gruppo di giovani stavano guardando una partita di calcio alla televisione. Allora i morti furono ventuno e anche in tale occasione l’ospedale della città aveva riscontrato difficoltà nella gestione dell’emergenza.
“Il calcio è peccato, è una mania degli occidentali, bisogna combatterlo”, ha dichiarato più volte in diversi video Abubakar Shekau, leader di una fazione di Boko Haram, che tradotto da una locuzione hausa significa: “l’istruzione occidentale è proibita”.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes