Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 16 giugno 2019
Sono venuti a bussare alle porte delle cliniche e dei centri medici gestiti dalla Chiesa cattolica in Eritrea all’alba del 12 giugno scorso. Gli uomini di Isaias Afewerki, presidente del piccolo Stato del Corno d’Africa, hanno messo alla porta pazienti e operatori sanitari. Senza pietà, senza curarsi dello stato di salute degli ammalati, hanno messo i sigilli alle porte. Hanno terrorizzato suore, preti, personale e pazienti, chiunque osasse opporsi solo minimamente agli ordini di Isaias.
Gli amministratori sono stati costretti a rimettere le chiavi nelle mani delle forze di sicurezza, che hanno ordinato l’immediato passaggio di consegne delle cliniche e presidi ospedalieri al governo eritreo.
Malgrado la pace siglata con l’Etiopia, l’ex arcinemico storico, quasi un anno fa, nella nostra ex colonia non è cambiato nulla, malgrado le prospettate riforme. Questa volta il dittatore ha preso di mira la Chiesa cattolica: le autorità hanno messo i sigilli ai seguenti presidi sanitari, alcuni dei quali si trovano in aree remote, luoghi dove è davvero difficile, se non impossibile trovare altri centri medici: Dengela (Engela), Mogolo, Tocomba, Ambaito, Knejabir, Adi Jenum e Digsa.
I vescovi eritrei non hanno tardato a rispondere a Isaias e al suo governo. In una lettera aperta hanno ribadito ciò che avevano già detto nel lontano 1995. Contribuire allo sviluppo del Paese e al benessere della gente fa parte dei compiti della Chiesa cattolica perchè la missione pastorale va anche tradotta in fatti concreti, come dare assistenza alle persone che vigono in stato di bisogno, curarle quando sono ammalate e quant’altro.
Nella loro missiva i prelati delle diocesi eritree fanno anche riferimento al regime di terrore sotto Menghistu Hailè Mariàm, quando il Derg (la giunta militare) aveva confiscato con la forza molti loro beni, come conventi, scuole, centri medici. Sembra essere tornati indietro nel tempo. Anche allora la gente soffriva. Ma a infliggere le sofferenza era uno straniero, oggi è un eritreo che aveva alimentato speranze di libertà e democrazia e invece si è traformato in feroce dittatore. Tra l’altro i vescovi si chiedono perché le autorità abbiano confiscato i beni della Chiesa con la forza.
All’inizio del mese di giugno il regime di Asmara ha arrestato oltre trenta persone del movimento pentecostale. La loro colpa? Alcuni membri del movimento si erano radunati in preghiera in tre luoghi diversi nella capitale eritrea. Il governo ha vietato tutte le chiese pentecostali nel 2002 e si stima che centinaia di persone siano attualmente detenute nelle putride galere della nostra ex colonia per la loro fede.
Alcune settimane fa sono stati fermati anche cinque monaci ortodossi del monastero di Bizen. Questa comunità di religiosi è tra quelle che si erano ribellate contro l’interfernza del governo nell’ambito della Chiesa ortodossa. Abba Markos Ghebrekidan, Abba Kidane Mariam Tekeste, Abba Kibreab Tekie, Abba Ghebretensai Zeremikael e Abba Ghebretensae Medhin sono stati arrestati perchè accusati di aver acquistato farina al mercato nero. Non è la prima volta che gli stessi monaci sono finiti dietro le sbarre. Nel settembre 2017 Abba Kibreab Tekie è stato portato via dalle forze di sicurezza insieme ad altri due confratelli.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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