AFRICA

Ebola in Congo-K: aumentano i morti ma non è emergenza internazionale

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 15 giugno 2019

L’Uganda ha rimpatriato i familiari delle due persone uccise dall’ebola negli ultimi tre giorni. Lo ha confermato il ministro della Sanità di Kampala, Jane Ruth Aceng il 12 giugno.

Aveva solo cinque anni. Era ritornato in Uganda il 10 giugno dal Congo-K con la sua mamma, una congolese, ma sposata con un cittadino ugandese e residenti nel distretto di Kasese. La famiglia si era recata nella ex colonia belga, nei pressi di Mabalako, nel Nord-Kivu, all’inizio del mese per i funerali del nonno, morto di febbre emorragica. Il giorno dopo il loro arrivo in Uganda, il piccolo, contagiato dal virus probabilmente durante la sepoltura che certamente non è avvenuta secondo i canoni dettati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, è morto.

Durante la notte tra il 12 e il 13 giugno è deceduta pure la nonna del piccolo. Entrambi erano stati ricoverati in un centro specializzato, il Bwera Ebola Treatment Unit. Anche il fratellino di tre anni del bambino deceduto è stato infettato e ricoverato nel medesimo nosocomio.  Ma pure ammalato, è stato espulso nel Congo-K insieme agli altri membri della famiglia. Il ministro della Sanità di Kinshasa ha fatto sapere che poche ore fa è spirato pure il piccolo.

La Aceng ha precisato che molti operatori sanitari, specie quelli impegnati nelle zone di confine con la RDC, sono stati immunizzati con il vaccino sperimentale prodotto dalla casa farmaceutica Merck e l’OMS ha già inviato diverse migliaia di dosi in Uganda per arginare eventuali contagi. Per incitare la gente a lavarsi spesso le mani, sono stati installati rubinetti un po’ ovunque in tutto il distretto di Kasese, dove, per precauzione, sono attualmente vietate le manifestazioni pubbliche.

Ebola è arrivata in Uganda

Ciò che preoccupa maggiormente le autorità di Kampala è il lungo confine con il Congo-K, ben 875 chilometri, difficilmente controllabili.

Mike Ryan, capo del programma emergenze dell’OMS spera che le autorità di Kampala approvino presto l’utilizzo di terapie sperimentali. In tal caso saranno inviate nel Paese quanto prima. Durante la riunione di ieri, il Comitato Internazionale per il Regolamento Sanitario d’Emergenza dell’OMS non ha ritenuto necessario dichiarare questa epidemia di ebola, ricomparsa il 1° agosto 2018 nel Nord-Kivu e a Ituri, due province nella Repubblica Democratica del Congo, come emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale. In passato l’allarme è stato lanciato solamente quattro volte dall’Organizzazione: nel 2009 per la pandemia dell’influenza H1N1, nel 2014 per la poliomielite, nel 2014 per l’epidemia di ebola che aveva causato la morte di oltre 11.300 persone in Liberia, Guinea e Sierra Leone e nel 2016 per il virus Zika.

In poco più di dieci mesi oltre duemila persone sono state contagiate dal temibile virus e 1.405 ammalati sono morti.

Malgrado le nuove terapie messe a disposizione dalla scienza grazie alle intensive ricerche degli ultimi anni, risulta assai difficile debellare l’ultima ondata della patologia virale nel Congo-K. I continui attacchi da parte di gruppi armati e l’ostilità di una parte della popolazione congolese nei confronti dei centri per la cura della malattia e verso gli operatori sanitari e il fatto che non sono gradite le sepolture sicure imposte dall’OMS complicano ovviamente lo stato delle cose.

A Ituri, una delle province colpite dall’epidemia, si sono verifacati nuovi scontri inter-etnici nei giorni scorsi, causando la morte di almeno cinquanta persone. Luc Malembe, attivista della società civile a Bunia, ritiene che lo Stato sia corresponsabile di queste violenze, in quanto pressoché assente in alcune zone. “Si possono percorrere chilometri e chilometri senza mai incontrare un rappresentante del governo, agenti di polizia o militari”, ha precisato l’attivista.

La cattiva ripartizione delle terre e l’alta densità abitativa portano inevitabilmente a delle tensioni. Da oltre due anni membri di etnia lendu si sono armati e attaccano persino l’esercito.  Siamo in una zona mineraria di frontiera, dove non manca il contrabbando. Il governatore della regione Jean Bamanisa Saidi, si è meravigliato perchè le forze dell’ordine, i servizi e nemmeno i militari abbiano mai dialogato con i lendu per chiarire l’attuale stato di malcontento.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

 

 

 

Cornelia Toelgyes

Giornalista, vicedirettore di Africa Express, ha vissuti in diversi Paesi africani tra cui Nigeria, Angola, Etiopia, Kenya. Cresciuta in Svizzera, parla correntemente oltre all'italiano, inglese, francese e tedesco.

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