Khartoum, 7 giugno 2019
L’Unione Africana ha sospeso con effetto immediato il Sudan; tale sanzione resterà in vigore finchè non sarà istituita un’autorità civile di transizione.
Nel frattempo il Paese non potrà più partecipare alle attività dell’Organizzazione panafricana. Per uscire dall’attuale crisi e l’escalation delle violenze, che ha fatto oltre cento morti dall’inizio di questa settimana, è assolutamente necessario che i militari lascino il potere.
Il presidente di turno del Consiglio per la Pace e la Sicurezza dell’UA, il sierraleonese Patrick Kapuwa, non ha avuto mezzi termini: “Perseguiremo le persone e/o le entità che hanno impedito che i civili potessero governare durante il periodo di interregno”.
La rivolta del pane è iniziata a metà dicembre, la popolazione per mesi aveva chiesto le dimissioni di Omar al Bashir, il vecchio dittatore che si era impadronito del potere con un colpo di Stato il 30 giugno 1989. L’11 aprile lui stesso è stato rovesciato con un putch militare e oggi si trova in una galera a nord di Khartoum.
Sin dall’inizio della crisi l’UA aveva fortemente auspicato che i civili potessero prendere in mano le redini del Paese per traghettarlo fino alle prossime elezioni democratiche.
Ma le consultazioni per la tra Freedom and Change, alleanza che comprende la Sudanese Professional Association e alcuni partiti all’opposizione e la giunta militare erano approdati in un nulla di fatto e all’inizio della settimana l’esercito e i paramilitari di Rapid Support Forces (gli ex janjaweed, il cui comandante è Mohammad Hamdan Daglo, detto Hametti, che attualmente è pure vicepresidente del Consiglio Militare di transizione) sono scesi nelle strade, terrorizzando e assalendo i civili, che dimostravano pacificamente.
In pochi giorni – in base a quanto hanno riferito i medici dell’associazione dei professionisti del Sudan – .sono state brutalmente uccise più di cento persone, oltre cinquecento i feriti. Quaranta salme sono state ritrovate nelle acque del Nilo. Secondo i militari sarebbero “solamente” 46.
Nella giornata di oggi il primo ministro etiope Abiy Ahmeda è volato per poche ore per tentare una mediazione tra il Consiglio militare di transizione e l’opposizione. Dopo quattro giorni dal terribile bagno di sangue, Abiy ha incontrato il capo della giunta, Abdel Fatah al Burhan, e in seguito ha organizzato una tavola rotonda con la delegazione etiopica e rappresentanti di Freedom and Change.
Nelle foto ufficiali scattate durante la visita del primo ministro etiope, Hametti, capo delle RFS – accusato di essere il responsabili del massacro di Khartoum, vicepresidente della giunta militare , non appare da nessuna parte.
Abiy ha incoraggiato le parti di riprendere il dialogo per arrivare quanto prima ad una soluzione della grave crisi. Un compito arduo e non semplice. Dopo quanto è successo, sarà difficile ricostruire un rapporto di fiducia tra le due fazioni.
Anche se attualmente è tornata una relativa calma nella capitale, l’ONU ha preferito evacuare parte del personale non strettamente indispensabile.
Africa ExPress
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