Dakar 21 maggio 2019
Le operazioni di sminamento a Casamance, Senegal, sono state sospese dallo scorso 14 maggio, dopo il rapimento di cinque artificieri della ONG Humanité et Inclusion (ex-Handicap international).
I cinque impiegati della ONG sarebbero stati sequestrati da due uomini armati nei pressi del villaggio di Bafat, tra Ziguinchor e Sédhiou, mentre erano impegnati nello sminamento in una fitta foresta. Secondo una prima ricostruzione, il fatto si è svolto in modo non violento. I cinque sono stati rilasciati la sera stessa vicino alla frontiera con la Guinea Bissau, dopo essere stati derubati di tutti i loro beni.
Si suppone che i due uomini armati, responsabili del sequestro-lampo, siano ribelli dell’MFDC (Mouvement des forces démocratiques de Casamance), attivo nella regione di Casamance da decenni. Dopo un periodo di calma, attualmente si nota nuovamente una recrudescenza delle violenze, aggressioni e furti a mano armata, che minacciano la sicurezza in questa zona del Senegal.
Ora la ONG sta valutando quando riprendere le operazioni di sminamento. Bisogna prima chiarire se si sia trattato di una “semplice” aggressione da parte di criminali comuni o di un atto di intimidazione da parte dei ribelli. Finora nessuna frangia di MFDC ha rivendicato l’aggressione.
Bahram Thiam, direttore del Centro nazionale d’azione antimine, ha precisato che il conflitto non è ancora terminato e ha aggiunto: “Non stiamo eseguendo azioni di sminamento post-conflittuali. Ci sono dei rischi legati a questo tipo di lavoro. Il dialogo non si è mai interrotto. Anche noi, come parte esecutiva, siamo in costante contatto con tutte le parti coinvolte”.
Il conflitto è scoppiato nel lontano 1982, quando Casamance ha rivendicato la sua indipendenza. La regione confina a nord con l’enclave del Gambia, mentre a sud con la Guinea Bissau e la Guinea e a est con il Mali. E’ abitata da quasi ottocentomila persone, che, malgrado il terreno assai fertile, vista la presenza di molti corsi d’acqua, vivono in uno stato di povertà estrema; l’agricoltura di sussistenza rappresenta la maggiore attività insieme alla pesca e l’allevamento di bestiame. In tutto il territorio c’è una sola università, a Ziguinchor, inaugurata nel 2007, ma è carente di tutte le materie scientifiche.
Nel 2004, dopo anni di lotta, spesso repressa nel sangue dalle truppe governative, Augustin Diamacoune Senghor, detto l’Abbé Diamacoune, capo dell’MFDC e l’allora presidente del Paese, Abdoulaye Wade, hanno firmato un trattato di pace. Per due anni nella regione il clima è stato più disteso, ma dopo la morte dell’abate, nel 2006, il movimento si è spaccato in diverse fazioni. Per la mancanza di controllo del territorio da parte delle autorità, si suppone che per anni il sud del Senegal sia stato terra di passaggio del narcotraffico.
Dal 2012, con la mediazione della Comunità di Sant’Egidio, il governo senegalese sta tentando una pacificazione con il più radicale dei leader del movimento, Salif Sadio, che godeva dell’appoggio dall’ex presidente gambiano Yahya Jammeh, che ora è in esilio in Guinea Equatoriale.
La popolazione ora è stanca, chiede la pace, le conseguenze della guerra civile sono state devastanti e intere aree sono ancora disseminate di mine antiuomo poste dall’MFDC, che hanno provocato centinaia di morti e mutilati.
Africa ExPress
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