Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 20 maggio 2019
Ieri notte, un gruppo di terroristi ha preso di mira il sud-est del Paese, finora risparmiato dagli attacchi di gruppi armati. Due località, Koury e Boura, nel circondario di Yorosso, nella regione di Sikasso, hanno subito quasi contemporaneamente due aggressioni. Il bilancio è pesante a Koury, dove hanno perso la vita tre gendarmi, due doganieri e due autisti, mentre a Boura, pochi chilometri più in là, i temibili jihadisti sono stati respinti dalle guardie della sottoprefettura. Un solo agente è stato ferito mentre una decina di uomini armati in sella alle loro moto hanno cercato di circondare il cortile della prefettura.
La Missione integrata dell’ONU per la stabilizzazione in Mali (MINUSMA) ha subito due nuovi attacchi. A Timbuctu un casco blu nigeriano è stato ucciso, e un secondo è rimasto ferito durante un aggressione di un gruppo di uomini armati non ancora identificati.
Mentre a Tessalit, nella regione di Kidal, al confine con l’Algeria, tre militari ciadiani di MINUSMA hanno riportato lesioni quando l’automezzo sul quale viaggiavano ha urtato un ordigno esplosivo.
Giorni fa hanno perso la vita anche ventotto soldati nigerini nella regione di Tillabéri, al confine con il Mali. La mattina del 14 maggio, una colonna militare delle Forze armate del Niger è stata attaccata da un gruppo di terroristi. Diciassette soldati sono morti sul colpo, altri sei gravemente feriti, mentre undici di loro sono stati inizialmente dati per dispersi; i loro corpi senza vita sono stati ritrovati solamente parecchie ore dopo. Niamey ha inviato immediatamente rinforzi per dare la caccia ai terroristi, che sarebbero fuggiti verso nord, al confine con il Mali.
Barkane, la missione francese presente in tutto il Sahel con oltre quattromila uomini, non ha partecipato alle operazioni per rintracciare i responsabili della carneficina.
La missione MINUSMA ha perso quasi duecento uomini dal 2013. Nel 2012 oltre la metà del nord del Mali era sotto il controllo dei gruppi jihadisti. Solo con l’arrivo di MINUSMA, in gran parte dell’aerea è stata ristabilita l’autorità del governo. Diverse zone sfuggono però ancora al controllo delle truppe maliane e internazionali.
Antonio Guterres, segretario generale dell’ONU ha espresso preoccupazione per le incessanti aggressioni in Mali e ha precisato che le violenze contro i militari della missione potrebbero essere considerati come crimini di guerra secondo il diritto internazionale. Guterres ha inoltre chiesto al governo di Bamako di fare il possibile affinchè i responsabili degli attacchi possano essere consegnati quanto prima alla giustizia.
Solo pochi giorni fa hanno perso la vita ventotto soldati nigerini nella regione di Tillabéri, al confine con il Mali. La mattina del 14 maggio, una colonna militare delle Forze armate del Niger è stata attaccata da un gruppo di terroristi. Diciasette soldati sono morti sul colpo, altri sei gravemente feriti, mentre undici di loro sono stati inizialmente dati per dispersi; i loro corpi senza vita sono stati ritrovati solamente ore dopo. Niamey ha inviato immediatamente rinforzi per dare la caccia ai terroristi, che sarebbero fuggiti verso nord, verso il confine con il Mali.
Barkane, la missione francese presente in tutto il Sahel con oltre quattromila uomini, non ha partecipato alle operazioni per rintracciare i responsabili della carneficina.
Una fonte di sicurezza nigerina ha specificato che al momento dell’imboscata, i soldati stavano inseguendo i terroristi, che il 13 maggio avevano attaccato Koutoukalé, prigione di massima sicurezza, a nord della capitale. Secondo Mohamed Bazoum, ministro degli Interni del governo di Bamako, un militare della guardia nazionale avrebbe perso la vita durante l’assalto di un gruppo di una decina di uomini armati. E, sempre secondo il ministro, i terroristi avrebbero approfittato della giornata di mercato per nascondersi tra la popolazione, prima dell’incursione alla prigione. Le forze nigerine hanno prontamente respinto gli aggressori: erano già in stato di allerta, perché avvisati di un possibile attacco dei terroristi.
Dallo scorso 11 aprile risulta disperso Oumarou Roua, consigliere del governo del Niger. Roua si era recato nel nord del Paese, nella regione di Tongo Tongo, dove avrebbe dovuto incontrarsi con un emissario dello stato islamico del grande Sahara (EIGS), per negoziare la liberazione di un operatore umanitario tedesco, dell’organizzazione non governativa tedesca “Help” con sede a Bonn, rapito nell’aprile del 2018 ad Ayourou, venticinque chilometri a sud di Inatès, poco distante dal confine con il Mali.
Kiro (il sopranome di Roua), si è recato all’appuntamento accompagnato dall’autista e un rappresentante della missione Haute autorité à la consolidation de la paix, che, dopo essere stato torturato, è riuscito a liberarsi cinque giorni più tardi. Il funzionario ha poi affermato che Kiro sarebbe stato ucciso, mentre l’autista, che ha fatto ritorno dalla prigionia solo dopo una settimana, ha detto che il consigliere sarebbe ancora in vita, ma di non averlo più visto dopo l’11 aprile. Un vero e proprio giallo. Un dirigente nigerino ha fatto sapere che molto probabilmente la negoziazione per la liberazione del tedesco sarebbe stato solamente un tranello. Infatti Roua non godeva della stima dei jihadisti, in quanto sarebbe sempre stato in contatto con i francesi e inoltre avrebbe cercato di scoraggiare i giovani fulani dall’arruolarsi nei ranghi del gruppo dell’EIGS.
Lunedì scorso, solo un giorno dopo l’uccisione di un sacerdote e di alcuni partecipanti alla celebrazione domenicale, sono stati brutalmente ammazzati altri fedeli cattolici durante una processione a Zimtenga, nel nord del Burkina Faso. I terroristi hanno intercettato il corteo, uccidendo quattro dei partecipanti e bruciato la statua della Madonna.
Venerdì scorso, invece, è stato pugnalato a morte il salesiano spagnolo, Fernando Fernández, nel centro studi don Bosco a Bobo-Dioulasso, città nel nord-est del Paese, mentre un suo confratello, Germain Plakoo-Mlapa, un sacerdote togolese e direttore del centro, è stato ferito. Secondo quanto riportano fonti vaticane, questa volta il folle gesto non sarebbe opera dei terroristi, ma si tratterebbe della vendetta di un anziano cuoco, licenziato due mesi fa.
L’Unione Europea è fortemente preoccupata per l’attuale recrudescenza delle violenze nel Burkina Faso e in tutto il Sahel. Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’UEe per gli Affari Esteri e la politica di Sicurezza, durante un meeting con i ministri degli Esteri della regione, ha fatto sapere che la situazione è davvero paradossale: la sicurezza nel Sahel sta precipitando pericolosamente, malgrado gli sforzi messi in campo in favore degli Stati del G5 Sahel (Burkina Faso, Ciad, Mauritania, Niger e Mali).
In risposta alla Mogherini, Tiébilé Dramé, ministro degli Esteri del Mali, ha chiesto un’accelerazione delle procedure, una mobilitazione internazionale contro la minaccia terrorista.
Molte sono ancora le questioni aperte per quanto concerne il contingente FC G5 Sahel, incaricato di contrastare il terrorismo nella regione. La multiforza africana è co-finanziata dall’Unione Europea, Francia, Stati Uniti, Arabia Saudita, oltre che dai cinque Stati africani del G5. Purtroppo stenta a decollare anche per mancanza di fondi. Infatti non tutti i finanziamenti promessi finora sono stati elargiti.
I militari della FC G5 Sahel dovrebbero intervenire nelle zone di maggior rischio nei vari territori, ma finora i loro interventi sono stati limitati. Infatti, dopo l’attacco alla base del contingente nel giugno 2018, le operazioni sono state interrotte fino all’inizio di quest’anno. Ora la forza tutta africana è attiva al settantacinque per cento delle sue capacità.
E proprio a causa della sicurezza precaria nel Sahel, a tutt’oggi sono ancora chiuse oltre duemila scuole. Ai piccoli viene così negato il diritto allo studio, base fondamentale per un futuro migliore.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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