Franco Nofori
11 maggio 2019
La notizia, attribuita a fonti locali, è stata diffusa la scorsa settimana dall’emittente americana CNN, secondo cui, il generale Khalifa Haftar avrebbe ricevuto dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi, la somma di 200 milioni di dollari, per rafforzare la propria potenza offensiva nel conflitto con il governo di Tripoli retto da Fayez al-Sarraj, la cui legittimità è riconosciuta dalle Nazioni Unite e dall’Unione Europea.
La terra libica torna così a essere insanguinata da lotte intestine, mentre la comunità internazionale si spacca nell’offrire sostegno all’uno o all’altro dei contendenti, anche contraddicendo posizioni precedentemente assunte, come la Francia di Emmanuel Macron che, pur occupando una posizione di rilievo nell’Unione Europea, si dissocia oggi dal sostegno che questa aveva espresso a favore del governo di Tripoli e si schiera a fianco di quello di Bengasi.
Il denaro fornito dai due Paesi arabi è già stato in parte utilizzato dal generale libico, per potenziare il proprio armamento con aerei da caccia e oltre cento mezzi armati per il trasporto truppe, Haftar sta inoltre sviluppando basi aeree nei dintorni di Tripoli che gli consentiranno di effettuare più rapide ed efficaci incursioni sulla capitale nemica. L’uomo forte della Cirenaica, lo stesso che fin dal 2014 aveva sostenuto che “la Libia non è ancora pronta per la democrazia“, ha già il pieno supporto di Russia, Egitto, Francia e Israele, ma – fatto abbastanza sorprendente – pare che riceverà presto anche quello degli Stati Uniti che avevano originariamente scelto di favorire Fayez al-Sarraj, in linea con la risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU. In questa scelta, pare che il presidente Donal Trump si sia lasciato convincere dall’alleato egiziano Abdel Fattah al-Sisi , ritenuto di rilevante importanza nello scacchiere mediorientale per il controllo delle attività jihadiste.
Questo confuso scenario internazionale – stando almeno ai suoi ultimi sviluppi – pare lasciare l’Italia isolata nel sostegno al governo di al-Sarraj, benché si tratti di un sostegno fatto di mere dichiarazioni di amicizia, che sembrano sempre meno orientate a trasformarsi in quelle azioni concrete che Tripoli si attendeva. Infatti il recente incontro con il Presidente del Consiglio Conte, ha lasciato al-Sarraj piuttosto deluso, sentendo che, nella ormai sanguinosa disputa tra Tripoli e Bengasi, l’Italia intende oggi mantenersi neutrale, contro quanto dichiarato all’inizio dell’ostilità, quando il nostro governo aveva aspramente criticato l’attacco di Haftar contro Tripoli.
Che con la caduta dell’uomo forte libico, Muammar Gheddafi, il Paese sia piombato nel caos, è un fatto incontrovertibile, benché il regime da lui imposto fosse quello di una dittatura spietata che, per molti anni aveva anche sponsorizzato il terrorismo internazionale. Dal 2011, anno della raccapricciante esecuzione di Gheddafi, la Libia non ha più avuto pace e appare quantomeno anacronistico che la Francia di Nicholas Sarkozy, fosse stata la prima ad attaccare Tripoli, allo scopo di abbattere il Colonnello e oggi, quella stessa Francia, a guida Emmanuel Macron, offra il suo pieno sostegno a un altro uomo forte come il generale Haftar, che avversa dichiaratamente il sistema democratico, facendo così temere che, a vittoria conseguita, potrebbe instaurare una dittatura non troppo dissimile da quella che Gheddafi aveva allora imposto al Paese.
Le diverse posizioni assunte da Francia e Italia nel conflitto libico, non hanno nulla a che vedere con lo scambio di accuse tra i due Paesi, sulla questione migranti e sulle interferenze francesi nelle economie africane tramite il franco CFA. Indubbiamente i rapporti tra i due governi si sono un po’ esacerbati, ma ciò che Francia e Italia si contendono ora in terra libica è molto più pragmatico e non ha nulla di umorale. L’odierna contesa riguarda il petrolio, soprattutto quello estratto dall’ENI nel nord-ovest del Paese in zona al momento controllata dal governo di Tripoli. Se L’uomo forte di Bengasi dovesse appropriarsene, per l’Italia sarebbe una débâcle di enormi proporzioni.
Ciò fa capire quanto buon governo e diritti umani, abbiano ben poca rilevanza quando si tratta di scegliere con chi allearsi. Oggi le previsioni sull’esito del conflitto propendono in favore del generale Haftar, già definito dalla stampa internazionale “il nuovo wardlord libico” (signore della guerra) e appare quindi più opportuno scommettere su di lui, ma in questa previsione non si tiene conto della miriade di formazioni guerriere presenti in Libia che, decidendo di appoggiare uno o l’altro dei contendenti, potrebbero ribaltare anche le conclusioni che appaiono più logiche. Tra queste primeggia la più forte milizia libica di al-Bunyan al-Marsos, schierata a fianco di Tripoli. Certo Haftar mostra una grinta più decisa e anche un atteggiamento decisamente laicale, rispetto al rivale: assicura la sua intenzione di combattere il radicalismo islamico e – scandalizzando l’Islam più ortodosso – ha disposto che i combattimenti contro Tripoli continuino anche durante il Ramadan.
Franco Nofori
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