Sandro Pintus
Firenze, 8 maggio 2019
Quasi 27 milioni di sudafricani, oggi hanno deciso chi eleggere come presidente alla guida del grande Paese africano e per l’Assemblea nazionale. Alle 21 ora locale si sono chiusi i seggi.
Questa tornata elettorale, 25 anni dopo la fine della segregazione razziale, vede la partecipazione di 48 partiti ma i veri sfidanti sono tre. Il favorito Congresso Nazionale Africano (ANC) al potere dal 1994, il centrista Alleanza Democratica (DA); e i Combattenti per la Libertà Economica (EFF) all’estrema sinistra.
Dalla fine dell’apartheid, quello di oggi è il sesto appuntamento elettorale e appare piuttosto tortuoso. A complicare la scena nell’ex colonia britannica, c’è una situazione economica traballante, disoccupazione al 27 per cento e conseguente aumento della povertà. Ad accrescere la sfiducia, le vicende sulla corruzione dell’ex presidente Jacob Zuma e di esponenti dell’ANC che hanno fatto crescere la rabbia dei sudafricani.
L’attuale presidente Cyril Ramaphosa (ANC) dovrà vedersela con Mmusi Maimane (DA), che vuole porre fine al potere dell’ANC e con l’aggressivo populista Julius Malema.
La vittoria dell’ANC, che nel 2014 ha avuto il 62 per cento delle preferenze, pare scontata ma analisti politici danno un ulteriore calo del partito al potere. Si parla addirittura della diminuzione di dodici punti percentuali mentre il DA passerebbe al 20 per cento e i populisti dell’EFF, dal 6 per cento, arriverebbero al 15.
Nelson Mandela con la fine dell’apartheid era riuscito a fare il miracolo. Aveva portato il sogno di grandi speranze per un futuro migliore. Ma, durante l’ “era di Zuma”, in pochi anni è stato demolito il percorso iniziato nel 1994 dal grande statista sudafricano.
Jacob Zuma, capo dello stato dal 2009 al 2018, ha collezionato 783 capi d’accusa tra cui corruzione, riciclaggio di denaro, evasione fiscale e traffici illeciti. Condannato per utilizzo di fondi pubblici per ristrutturare il suo compound in KwaZulu-Natal si è salvato miracolosamente dall’impeachment.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata però la candidatura della sua ex moglie alle elezioni per la presidenza della repubblica. Nemmeno il partito ha potuto accettare la proposta e, dal suo partito, è stato costretto a dimettersi. Ed è crollata la fiducia nell’ANC.
In questo scenario si aprono spazi per Mmusi Maimane, che si propone come alternativa all’ANC e Julius Malema che ha maggiore appeal sui giovani. Cyril Ramaphosa, anche se ha cercato di arginare i danni creati da Zuma, rappresenta il potere corrotto e la vecchia classe dirigente, ma potrebbe avere un’altra chance.
C’è però la “Born free generation”, i nati liberi, i figli del 1994 nati quando Madiba è diventato il primo presidente nero del Sudafrica. Sono sei milioni di giovani che non si sono iscritti nelle liste elettorali.
Un bacino di tra i 18 e 25 anni che non ha memoria dell’apartheid, apatici e delusi dalla politica che fa arricchire i potenti e impoverisce tutti gli altri. Ma chiedono maggiore giustizia. Sono quelli che potrebbero fare la differenza alle prossime elezioni.
Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com
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