Sandro Pintus
Firenze, 30 aprile 2019
È stata ammazzata a soli vent’anni. Massacrata di botte fino alla morte dai suoi due fratelli e da uno zio. Si chiamava Nyaluak Magorek Mariak e la sua colpa è stata il rifiuto di sposare un uomo che non amava. Un matrimonio combinato dalla famiglia con una persona scelta senza il suo consenso. Il terribile fatto di sangue è successo a Yirol, nel centro del Sud Sudan, a 300km a nord ovest della capitale Giuba.
Joan Nyanyuki, direttore regionale di Amnesty International per l’Africa orientale, area del Corno e dei Grandi Laghi è stata chiara nella sua denuncia. “Costringere qualcuno a sposarsi contro la sua volontà è una chiara violazione della costituzione del Sud Sudan. E lo è anche nei suoi obblighi internazionali in materia di diritti umani”.
Per l’organizzazione è la conseguenza disumana di questo matrimonio forzato che ha provocato la morte della giovane. Una pratica diffusa in parecchi Paesi africani che mette in evidenza la necessità di porre urgentemente fine a questa usanza.
Secondo uno studio dell’UNICEF del 2017, il 52 per cento delle ragazze sud sudanesi si sposa prima di compiere il diciottesimo anno di età. Nel novembre scorso, ha creato scalpore il caso di Nyalong Ngong Deng Jalang. È una ragazza sudanese di diciassette anni dell’area di Awerial, 200km a Nord della capitale Giuba. Il padre della ragazza l’ha messa all’asta su Facebook.
Come se fosse il mercato delle vacche, hanno partecipato sei uomini per avere la giovane vergine come sposa. Tra questi anche David Mayom Riak, un vice governatore, che aveva offerto 353 vacche e terreni di “prima qualità”.
La competizione è invece stata vinta da Kok Alat, un ricco uomo d’affari. Per la mano della giovane ha pagato la famiglia della sposa con 530 mucche, tre auto Land Cruiser e 10mila dollari americani. Pesanti critiche sono state fatte al social network che ha eliminato l’asta online dopo due settimane, quando era ormai tutto finito.
“La pratica patriarcale di forzare ragazze e donne a sposarsi è una crudele manifestazione della grande disuguaglianza tra uomini e donne nel Sud – ha sottolnieato Joan Nyanyuki -. Le donne e le ragazze sono trattate come beni comuni”.
In una nota, Amnesty chiede al governo del Sud Sudan l’adozione di misure urgenti per porre fine ai matrimoni precoci e forzati affinché i diritti delle donne e delle ragazze siano tutelati. Ricorda che coloro che commettono questa atroce forma di violenza violano i diritti umani.
Sandro Pintus
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