Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 28 aprile 2019
Elezioni legislative inedite in Benin: per la prima volta si svolgono senza la partecipazione dell’opposizione, esclusa da questa tornata elettorale. Due partiti vicini al presidente, Patrice Talon, si spartiranno ottantatré seggi al parlamento.
Alla competizione odierna sono stati ammessi i candidati di Bloc républicain e Union progressiste, nessun’altra formazione politica è stata ammessa. Con “La Carta dei partiti politici”, una nuova legge adottata lo scorso luglio, sono cambiate le norme per la registrazione e solo due raggruppamenti hanno ottenuto il certificato di conformità. Nessun partito dell’opposizione è riuscito a avere il nulla osta e dunque non hanno potuto presentare i propri candidati alle legislative.
A nulla sono serviti gli interventi dell’Unione Africana, della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (CEDEAO), della vicina Nigeria o le consultazioni con i capi tradizionali dell’Alto consiglio del re del Benin (la religione di Stato è il vodoo). Talon è stato irremovibile a costo di indebolire l’immagine del sistema democratico del Paese,
Amnesty international ha espresso grande preoccupazione: da mesi nel Paese dell’Africa occidentale regna la repressione e una serie di arresti non hanno fatto altro che alimentare la tensione nel periodo pre-elettorale.
La repressione va avanti da febbraio, le forze di sicurezza hanno usato gas lacrimogeni e manganelli per disperdere manifestanti pacifici, diversi esponenti dell’opposizione sono stati arrestati. A Kilibo, città nel nord della ex colonia francese, è morta almeno una persona a febbraio, quando sono scoppiate scaramucce tra i dimostranti e la polizia. In diverse zone le autorità locali hanno vietato qualsiasi manifestazione in queste ultime settimane.
François Patuel, ricercatore per l’Africa occidentale della ONG con base a Londra, ha sottolineato: “Le autorità devono assolutamente fare in modo che il diritto della libertà di espressione venga rispettato, specie nel periodo che precede le elezioni. La pubblica sicurezza non deve assolutamente ricorrere alla forza indiscriminata nei confronti di manifestanti pacifici”.
Anche i giornalisti hanno pagato un tributo elevato in questi mesi, come minacce di arresto e intimidazioni di ogni genere. Alcuni sono stati incarcerati, poi liberati su cauzione, con l’accusa di aver pubblicato notizie false.
In questi ultimi anni il Benin ha adottato diverse leggi repressive, utilizzate proprio ora per reprimere i dissidenti, come, per esempio, il codice numerico del 2017, che configura come reato la pubblicazione di notizie false e incitamento alla ribellione su internet.
E il Codice penale, adottato nel 2018, punisce le ingiurie contro i simboli e i valori della nazione, lo Stato, la Repubblica, le comunità e le religioni, inoltre “è vietato qualsiasi raggruppamento non armato che potrebbe turbare la quiete pubblica” e “qualsiasi provocazione nei confronti di un raggruppamento non armato”.
Sempre l’anno scorso l’Assemblea nazionale ha adottato una legge sul diritto allo sciopero che limita a dieci giorni all’anno l’astensione al lavoro di tutti funzionari, membri del personale dei collettivi locali, lavoratori del settore pubblico e privato e gli impiegati di organi statali. Mentre è vietato lo sciopero a tutti gli operatori del servizio sanitario.
Amnesty chiede alle autorità di Cotonou (la capitale della ex colonia francese è Porto-Novo, ma la sede del governo è Cotonou) “di prendere tutte le misure necessarie, affinchè questa tornata elettorale possa svolgersi in un clima privo di violenze, che permetta a tutta la popolazione di esprimere liberamente la propria opinione”.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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