Franco Nofori
26 aprile 2019
La stagione delle piogge è imminente, anzi, è già in notevole ritardo rispetto alle attese. Tuttavia, anche se oggi dovesse diluviare, sarebbe ormai troppo tardi per garantire un raccolto, perché il periodo previsto per la semina è già stato ampiamente superato. Dallo scorso mese di marzo, non una singola goccia d’acqua ha bagnato la terra del Kenya, provocando la più grave siccità sperimentata dal Paese fin dal lontano 1981. I campi inaridiscono e la terra si spacca sotto gli implacabili dardi del sole. L’agricoltura è al collasso, ma è anche emergenza per l’accesso all’acqua necessaria per i quotidiani usi domestici.
L’Autorità Intergovernativa per lo Sviluppo (IGAD), per bocca del suo segretario esecutivo, Mahboub Maalim, stima che, uno tra i molti gravi effetti della mancanza d’acqua, è quello che mette a rischio, la salute di oltre 500 mila bambini sotto i cinque anni. Una previsione, questa, tra le più catastrofiche che il Paese si accinge ad affrontare, pur senza avere i mezzi necessari per poterlo fare in modo efficace. L’aridità ha anche drasticamente ridotto la disponibilità di pascoli verdi per il bestiame, costringendolo a esodi biblici per trovare zone in grado di fornire quella minima alimentazione necessaria alla sopravvivenza.
Questo massiccio spostamento delle mandrie, rischia anche di esacerbare i rapporti tra tribù limitrofe che si troveranno a contendersi ogni spicchio di terra in grado di fornire il sia pur minimo supporto alimentare al bestiame e questa contesa – com’è spesso avvenuto, anche nel più recente passato – potrà sfociare in scontri violenti e sanguinosi. Il Kenya si troverà quindi costretto a contingentare la distribuzione di tutti i derivati alimentari prodotti dal bestiame, come latte e carne, ma gli effetti della siccità, influiranno anche negativamente sul previsto sviluppo economico del Paese che, secondo Patrick Njoroge, governatore della Banca Centrale del Kenya, si ridurranno al 5,3 per cento, contro il previsto 6,3 per cento.
La flessione dell’attività agricola, oltre al mais, che rappresenta l’alimentazione popolare di base, colpirà anche i settori in cui il Kenya ha i suoi punti di forza per l’export: tè, caffè e piretro. Si tratta indubbiamente di un danno ingente, poiché l’agricoltura rappresenta un terzo dell’intera economia nazionale. Solo riferendosi alle zone più colpite dalla siccità; Turkana, Marsabit, Isiolo, Tana River e Garissa, sono già oltre un milione, le persone che necessitano di assistenza umanitaria alimentare.
L’agenzia americana per lo Sviluppo Internazionale, ha accusato il Kenya di aver messo in atto un piano di sviluppo infrastrutturale, troppo mirato al prestigio, più che alle basilari necessità del Paese, rilevando l’assurdità che anche vasti appezzamenti di terreno, limitrofi ai grandi laghi e lungo i fiumi, debbano soffrire gli effetti della siccità, quando sarebbe bastato investire una parte del grande indebitamento internazionale, per realizzare un adeguato piano d’irrigazione che consentisse il proseguimento delle attività agricole, anche in presenza di emergenze come quella attualmente in atto.
Franco Nofori
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