Sandro Pintus
Firenze, 19 aprile 2019
Carlota, ventenne angolana, guerrigliera del Movimento Popolare per la Liberazione dell’Angola (MPLA), in tuta mimetica e kalashnikov gli aveva detto: “Fai in modo che non ci dimentichino”. Era l’autunno del 1975, morì poco dopo mentre, con altri combattenti che lottavano per l’indipendenza dell’Angola, portava soccorso ai compagni di lotta nel sud del Paese.
Le parole di Carlota sono rimaste nel cuore di Ryszard Kapuscinski, corrispondente dell’Agenzia di Stampa Polacca (PAP). Sul periodo passato in Angola e sui personaggi incontrati, il grande giornalista ha scritto un libro pubblicato nel 1976: “Ancora un giorno”. Era quello che amava di più tra le decine che ha scritto durante la sua vita da reporter.
Raul de la Fuente e Damian Nenow ne hanno fatto un bel lungometraggio (85′) che ha ripreso il titolo del libro. Sarà distribuito, da iWonder Pictures e Unipol Biografilm, nel circuito cinematografico italiano il prossimo 24 aprile.
Trailer del film
È un film originale creato in formato ibrido. La storia, realmente vissuta da Kapuscinski, è come una graphic novel in 3D inframezzata da brevi filmati originali dell’epoca. Le interviste ai protagonisti ancora vivi arricchiscono il lavoro portando contenuti indispensabili alla narrazione.
La guerra del Vietnam è finita e il Portogallo, dopo cinquecento anni, sta lasciando le colonie. I portoghesi fuggono dall’Angola portandosi via tutto quello che possono mentre Stati Uniti e Unione Sovietica cercano di prendersi il ricco Paese africano. Oro, diamanti, petrolio sono il bottino di chi vince.
Il tutto accade in una situazione di perenne “confusão”, letteralmente “confusione”. “È la parola chiave, la sintesi esaustiva che comprende tutto. Significa caos, disordine, anarchia. Confusão è una situazione creata dalle persone, ma sulla quale esse hanno perso ogni forma di controllo e ne sono diventate a loro volta vittime” – dirà Kapuscinski.
L’MPLA, ha l’appoggio dell’URSS. Ha il controllo di Luanda, la capitale, ma il gioco pesante è a sud del Paese. Il giornalista, chiamato Ricardo, vuole andare proprio lì per incontrare il Comandante Farrusco, per alcuni traditore e per altri eroe.
Oltre al giovane Kapuscinski, Carlota e Farrusco, i protagonisti sono il giornalista angolano al fronte Luis Alberto e il reporter Artur Queiroz. Inizia il viaggio sotto continui attacchi dell’Unione Nazionale per l’Indipendenza Totale dell’Angola (UNITA), guerriglia di Jonas Savimbi, finanziata dal Sudafrica dell’apartheid.
Ricardo riuscirà ad incontrare Farrusco. È un paracadutista portoghese delle Forze speciali che ha deciso di combattere per il popolo angolano passando all’MPLA. “Mi sono trovato davanti ragazzini di dodici anni con il mitra in mano. Non volevo combattere contro dei bambini” – dirà al giornalista -. “Qui siamo in prima linea circondati dall’UNITA a cento chilometri dal confine con la Namibia (controllata dal Sudafrica, ndr), il cui esercito che sta invadendo l’Angola con i dollari della CIA. Siamo in cinquanta. Tutti destinati a morire”. Farrusco, gravemente ferito, si salverà e lo racconta nell’intervista.
Quando l’esercito sudafricano attacca, Farrusco dice a Ricardo di tornare a Luanda per raccontare al mondo l’invasione sudafricana dell’Angola. Il giornalista ha lo scoop e davanti al telex, a Luanda, deve prendere una decisione: deontologia professionale o scelta morale? Ma vuole anche rispettare la promessa fatta a Carlota.
E prende la decisione. Che non vi diciamo per non rovinarvi il finale. L’Angola diventerà indipendente e Agostinho Neto sarà il suo primo presidente. “Ma oggi, dove sono finiti gli ideali della rivoluzione?” – chiede Luis Alberto.
Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com
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