Sandro Pintus
Firenze, 10 aprile 2019
La sua unica colpa è stata quella di aver intervistato un gruppo di sfollati che fuggivano dopo un attacco jihadista. Si chiama Amade Abubacar ed è un giornalista mozambicano, in prigione da tre mesi, senza sapere di cosa è accusato.
Amnesty International, per voce di direttore per l’Africa australe, Deprose Muchena, con una nota protesta duramente per la repressione contro i giornalisti. “Le autorità del Mozambico stanno trattando Amade Abubacar come un criminale condannato. Stanno prolungando la sua detenzione preventiva senza portare alcuna accusa legale contro di lui in violazione del diritto nazionale e internazionale”.
Abubacar è reporter di Radio e Televisao Comunitaria Nacedje de Macomia, Cabo Delgado, nel Nord del Paese, e corrispondente del giornale indipendente Zitamar News. Durante gli oltre novanta giorni di detenzione – è stato arrestato lo scorso 5 gennaio – né la moglie né i figli sono riusciti a vedere il loro caro.
“Amade deve essere accusato di un reato riconoscibile o rilasciato immediatamente e autorizzato a fare il suo lavoro senza timore di rappresaglie” – scrive Amnesty -. “Le autorità del Mozambico devono sostenere la libertà dei media invece di criminalizzare i giornalisti”.
Il prossimo ottobre ci saranno le elezioni amministrative e il governo ha inasprito la censura contro la stampa indipendente. Lo ha fatto in modo subdolo con un decreto che ha aumentato in modo esorbitante le tabelle di licenza delle testate giornalistiche.
Il giro di vite contro la stampa indipendente e i giornalisti è ancora più duro a Cabo Delgado, nell’area dove attaccano cellule jihadiste chiamate “Al-Shabab”. La zona, dove operano le Forze di sicurezza mandate da Maputo, pare essere off-limits ai giornalisti. E il caso di Abubacar sembra un avvertimento a tutti i media.
Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com
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