Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 29 marzo 2019
La decima epidemia di ebola, scoppiata il 1° agosto dello scorso anno nella Repubblica Democratica del Congo, continua il suo cammino. A tutt’oggi sono state contagiare oltre mille persone, seicentodieci sono morte, ma c’è anche una buona notizia: ben trecentoventuno sarebbero guarite, secondo il ministero della Sanità di Kinshasa.
Siamo di fronte alla peggiore epidemia dopo quella del 2014-2015, durante la quale hanno perso la vita oltre diecimila persone in Guinea, Sierra, Liberia.
Qualche giorno fa in un centro di salute a Soleniama, a pochi chilometri Bunia, capoluogo della provincia di Ituri, nell’est della Repubblica Democratica del Congo, è morta una bimbetta di soli sei mesi di ebola
Radio Okapi, l’emittente delle Nazioni Unite che trasmette in Congo-K, sempre ben informata, ha fatto sapere che sia il centro sia l’abitazione dei genitori sono stati disinfettati e coloro che sono venuti a contatto con la piccolina sono stati vaccinati.
Il virus killer non è solo un’emergenza di salute pubblica, ma è principalmente un dramma umano e sociale. Lo ha sottolineato il ministro della Salute, Oly Ilunga Kalenga. “Dietro i numeri, le statistiche, ci sono centinaia e centinai di famiglie congolesi direttamente coinvolte dal virus, per non parlare dei moltissimi bambini rimasti orfani a causa di questa grave patologia”. Infine ha aggiunto: “Grazie alla collaborazione con i nostri partner, siamo riusciti a limitare l’estensione geografica dell’epidemia in questi otto mesi”.
Ma ebola è anche un problema politico ed economico. Difatti nelle zone infettate non si sono svolte le elezioni presidenziali dello scorso dicembre. I residenti si sono sentiti esclusi dalla vita politica e ciò ha contribuito ad aumentare supposizioni di cospirazione e complotti, visto che, secondo un sondaggio, un quarto della popolazione è convinta che ebola non esista, mentre quasi il 45,9 per cento crede che l’epidemia di ebola sia stata fabbricata ad hoc per destabilizzare la regione o per scopi economici.
Nell’est della ex colonia belga sono attive molte bande armate, che rendono particolarmente insicura questa parte del Paese. I continui attacchi dei miliziani, che hanno colpito anche centri per la cura dell’ebola, creano non pochi problemi nella lotta contro la febbre emorragica, in quanto causano lo spostamento continuo della popolazione, in fuga dalle aggressioni.
Ma anche l’ostruzionismo della gente ostacola non solo la cura, ma anche la prevenzione. Alcune famiglie impediscono il ricovero del loro congiunto e rifiutano di farsi vaccinare. Molti familiari dei morti aggrediscono gli operatori sanitari e cercano di bloccare la sepoltura corretta dei cadaveri. Il virus si trasmette tramite i fluidi corporei di chi è stato colpito dalla malattia e per evitare il contagio è assolutamente necessario che vengano ricoverati in un reparto di isolamento. Se la popolazione non è disposta a collaborare, sarà difficile fermare in tempi brevi questa epidemia.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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