AFRICA

Inchiesta nel bacino del Congo: americani e cinesi saccheggiano la foresta pluviale


Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
Firenze, 28 marzo 2019

“So che in quei posti non è come qui. C’è un sacco di corruzione, tutti vogliono bustarelle e c’è bisogno di ungere per far funzionare le cose e lo capisco”. Sono le parole di un dirigente di Evergreen, azienda statunitense che conferma la corruzione sul commercio del legname delle foreste in Gabon e Repubblica del Congo.

“C’è un sacco di corruzione, tutti vogliono bustarelle e c’è bisogno di ungere…” (Courtesy EIA)

“A me non interessa se il legname è stato rubato da un parco nazionale – racconta -. Ho solo bisogno di avere la documentazione se qualcuno mi accusa”.

Succede in un’area 1,5 milioni di ettari (più grande della Campania) ormai distrutta da alcune aziende di legname che operano nei due Paesi africani. Una deforestazione illegale disastro ambientale che continua da oltre un decennio grazie alla corruzione penetrante.

Lo denuncia uno studio dell’ong Environment Investigation Agency (EIA), l’Agenzia di Investigazione Ambientale. Il rapporto è “Toxic Trade: Forest Crime in Gabon and the Republic of Congo and Contamination of the US Market” (Commercio tossico: crimini forestali in Gabon e Repubblica del Congo e contaminazione del mercato USA).

Con un’indagine sotto copertura durata quattro anni l’AIE ha messo a nudo le pratiche di quello che ha chiamato Gruppo Deija. Si tratta di un insieme di aziende del legname che hanno costruito il loro modello di business sulla corruzione e altri reati.

È stato scoperto che in quattro anni sono stati tagliati illegalmente e venduti 100mila tronchi per un totale di 80milioni di USD. Un Gruppo questo, considerato uno dei maggiori attori nel disboscamento delle foreste del continente africano.

La maggioranza degli alberi abbattuti sono di okumè (Aucoumea klaineana). L’ okumè appartienente alla famiglia dei moganoidi che ha il legno più idrorepellente in assoluto. Albero tipico di quell’area della foresta pluviale raggiunge i 40 metri di altezza e il tronco può avere anche 2,5 metri di circonferenza. Dal 1998 è nella red list classificata dall’Unione Internazionale per la conservazione della Natura (IUCN) come vulnerabile.

Tronchi tagliati nel Bacino del Congo (Courtesy EIA)

Le prove raccolte dall’ EIA riguardano la violazione continua delle leggi forestali fondamentali e lo stravolgimento delle regole del commercio del legname. Deija ha anche stornato milioni di tasse non pagate ai governi del Gabon e della Repubblica del Congo.

L’Agenzia ha raccolto testimonianze dei dirigenti del Gruppo che spiegano come vengono corrotti ministri dei due Stati africani. In questo modo ottengono le concessioni al taglio delle foreste ed evitano conseguenze per i crimini commessi.

Il legname illegale viene venduto sui mercati internazionali: Stati Uniti, Unione Europea e Cina. È acquistato poi, al minuto, da ignari acquirenti che nulla conoscono delle pratiche criminali di Deija.

In un’intervista registrata dall’EIA, uno dei dirigenti conferma che tutto funziona con la corruzione in denaro contante. Parlando di un ministro dice: “Gli abbiamo consegnato una ventiquattrore piena di soldi. Valigetta compresa”

Mappa dell’Africa centrale. In evidenza Gabon e Congo (Courtesy Google Maps)

Negli USA il legname proveniente da Gabon e Congo viene importato da anni da Evergreen Hardwood Inc. con sede a Seattle. Attraverso questa azienda, per oltre dieci anni, da Deija è stato esportato  in Cina per un valore di decine di milioni di dollari.

Secondo l’indagine EIA sono coinvolte anche Roseburg Forest Products, con sede in Oregon, e grandi magazzini di vendita come The Home Depot e Menards.

Mentre le aziende occidentali e cinesi corrompono e lucrano, scompare una parte della seconda foresta tropicale più grande del mondo dopo l’Amazzonia. “Una foresta unica e di vitale importanza per migliaia di specie, inclusa quella umana” scrive l’EIA.

Oggi Evergreen, Rosenburg a Dejia, negli Stati Uniti sono sotto investigazione federale. Secondo l’EIA devono essere ritenuti responsabile dei danni da loro provocati.

Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com
@sand_pin

Sandro Pintus

Giornalista dal 1979, ha iniziato l'attività con Paese Sera. Negli anni '80/'90 in Africa Australe con base in Mozambico e in seguito in Australia e in missioni in Medio Oriente e Balcani. Ha lavorato per varie ong, collaborato con La Repubblica, La Nazione, L'Universo, L'Unione Sarda e altre testate, agenzie e vari uffici stampa. Ha collaborato anche con UNHCR, FAO, WFP e OMS-Hedip.

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