Franco Nofori
Torino, 17 marzo 2019
Cresce l’allarme in Kenya per l’elevato numero di giovani che si tolgono la vita per delusioni sentimentali. Stando ad alcuni media locali, sarebbero almeno venti i suicidi che si sono verificati negli ultimi dodici mesi, con esclusivo riferimento agli ambienti universitari del Paese. Non sono quindi fame e povertà che determinano queste drammatiche scelte, ma le delusioni del cuore, quando i sentimenti verso la persona amata non sono corrisposti. E’ singolare che si tratti, in prevalenza, di giovani che appartengono a famiglie benestanti e quindi non afflitte da problematiche economiche.
Una studentessa di soli diciannove anni, che frequentava il politecnico di Meru, si è addirittura filmata mentre ingoiava un’esagerata dose di barbiturici che nel giro di tre giorni la portavano alla morte. Poco prima dell’infausto evento, confidava a un’amica che il suo ragazzo la tradiva e che lei era stanca di vivere perché “il vivere senza di lui non aveva alcun senso”.
L’educazione scolare e il conseguente affinarsi della capacità di giudizio sui rapporti interpersonali, porta a un arricchimento dei valori sentimentali che, non essendo frustrati da bisogni essenziali, si nobilitano fino a diventare parte preponderante della personalità.
E’ quindi l’apprezzabile processo di emancipazione dello spirito che porta a scelte così tragiche? Sembra proprio di sì. Gli affetti, in queste situazioni, rappresentano il sentimento prevalente che indirizza l’individuo verso un vissuto non dominato dal materialismo, ma dal bisogno di dare e ricevere amore. In realtà, quando il soggetto è molto giovane, più che di amore, si tratta forse d’infatuazione, ma l’acerba capacità di discernimento, che si possiede a quell’età, non consente ancora di poter dare una corretta definizione a ciò che si prova.
Del resto, sia la psicologia moderna, sia la filosofia più datata, danno all’amore, la definizione di un sentimento, sì pregnante, ma anche sereno e pacato, mentre è l’infatuazione che si costituisce in una forza travolgente, benché spesso destinata a spegnersi nel breve periodo. Ecco che, sotto la spinta di questa forza, i giovani (ma spesso anche quelli meno giovani) possono approdare a comportamenti estremi. Soprattutto, nel primo periodo in cui si manifesta, l’attrazione ha un contenuto prevalentemente fisico, ormonale, ma proprio per questo meno controllabile, perché sfugge a una realistica valutazione su basi logiche.
Il mese scorso, uno studente del Kaiboi Technical Institute, nella contea di Nandi, pugnalò mortalmente la propria ragazza e quindi si tolse la vita con la stessa arma, perché il suo sentimento non veniva ricambiato con l’intensità che lui desiderava. Un episodio analogo si era già verificato qualche mese prima nel vicino college Sang’alo Institute of Science and Technology. Sempre a causa di una delusione amorosa, Anthony Murimi, uno studente di Meru, tentò di suicidarsi gettandosi da un’altezza di sessanta metri, ma l’intervento dei vigili del fuoco gli impedì di compiere l’insano gesto, per il quale fu poi incriminato.
Il dottor Kagwe, fondatore della rivista Esteem Psychology Magazine, attribuisce la responsabilità di quest’allarmante incremento dei suicidi, alle famiglie delle vittime. “I genitori di questi giovani – ha detto – sono troppo distratti dai propri affari, per potersi dedicare alla formazione del carattere dei propri figli in modo da prepararli alle delusioni della vita reale e a insegnargli come affrontarle”. Il suicidio è, infatti, l’ultima fuga, da situazioni del cuore estremamente dolorose e insostenibili. La scarsa fiducia in se stessi, il senso d’inferiorità e l’incapacità di individuare nella vita che continua altre opportunità per essere felici, sono alla base di queste sventurate scelte.
Franco Nofori
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