Franco Nofori
Torino, 9 marzo 2019
Il tribunale di Milano, in primo grado di giudizio, ha condannato a sei anni di carcere Davide Ciarrapica, per aver staccato a morsi un orecchio durante una rissa. Ciarrapica, conosciuto sulla costa del Kenya per aver fondato a Likoni, l’Onlus Orphans’s Dream, ha ospitato Silvia Romano, la ragazza rapita il 20 novembre scorso, nel suo primo viaggio come volontaria in Africa.
Stando alla notizia diffusa dalla versione online del Corriere della sera del 30 gennaio scorso, il 5 novembre 2016 Ciarrapica e un certo Giordano Ghilardotti, entrambi quarantenni, si azzuffarono in una rabbiosa rissa all’interno della discoteca The Wall di Milano.
Caodiuvato da alcuni amici non identificati, Ciarrapica aggredì Ghilardotti, atterrandolo con un pugno, quindi, non ancora soddisfatto, gli addentò l’orecchio, sinistro staccandone l’intero padiglione. La ricostruzione dei fatti è stata possibile, grazie alle telecamere di sorveglianza e alle testimonianze di alcune persone presenti nel locale. Nell’ infliggere la pena, e accertato che si è trattato di una deformazione permanente, il giudice ha anche disposto una provvisionale a favore della vittima, di 35 mila euro, in attesa che la causa civile, stabilisca l’esatta entità del danno. L’avvocato Guido Bomparola, che assiste la vittima della mutilazione, contattato telefonicamente, non ha esitato a definire Ciarrapica “un individuo strafottente ed estremamente arrogante”.
Davide Ciarrapica, nella sua Onlus di Likoni – una villa con piscina, presa in affitto – ospita molti bambini, alcuni dei quali orfani. Non può non preoccupare che l’incolumità di questi piccoli, con il beneplacito e il sostegno degli inconsapevoli sponsor che lo finanziano, venga affidata a una persone che perde i freni inibitori come è accaduto durante la rissa a Milano. La sua Onlus è registrata a Seregno in provincia di Monza.
Sulla personalità di Ciarrapica, si era già espressa un’amica di Silvia che, nel commentare un articolo di Africa ExPress del 25 gennaio scorso, (Sul rapimento di Silvia Romano bocche cucite mentre le ricerche annaspano) aveva scritto: “Davide, di Orphan’s Dream, è una persona alquanto discutibile (per essere gentili). Era lui a uscire a ubriacarsi tutte le sere e portarsi dietro i volontari. Non ha messo in guardia Silvia, ha inventato una marea di c..zzate per aumentare il suo ego già abbastanza grande”.
L’amica si riferiva alla parte dell’articolo, in cui, era riportata un’intervista a Davide Ciarrapica, il quale, piuttosto disinvoltamente, aveva dipinto un’immagine di Silvia Romano con toni non proprio edificanti. L’amica però, non si accontentò di scriverci la sua opinione al riguardo, ma decise anche di rampognare direttamente Davide, il quale, subito dopo, inviò un messaggio vocale, accusando Africa ExPress di aver scientemente alterato le sue dichiarazioni. Ci scaraventò addosso un mare d’insulti in cui l’epiteto più gentile era “schifoso pezzo di merda”. Non raccogliemmo gli insulti, ma lo invitammo, se voleva modificare le sue dichiarazioni, a mandarci una rettifica in modo da poterla pubblicare.
Davide Ciarrapica, però, non accolse l’invito e replicò con un altro messaggio di nuovo al vetriolo, dove, questa volta gli insulti si arricchirono di un singolare suggerimento: “Mettiti un pezzo di carta igienica pieno di merda in bocca, prima di parlare”. Insomma nel suo forbito linguaggio da british gentleman, Ciarrapica fece capire che proprio non ci stava ad accettare le nostre (presunte) manipolazioni di ciò che aveva dichiarato.
Peccato che proprio nei due giorni successivi a quello del rapimento di Silvia Romano, quindi molto prima di essere intervistato da Africa ExPress, Ciarrapica, aveva reso dichiarazioni (sostanzialmente uguali a quelle rese a noi) al Messaggero e al Corriere della Sera, autorevoli testate del panorama editoriale italiano.
Questa animosità rende comprensibile come Davide Ciarrapica, possa cadere facilmente vittima del suo violento temperamento, com’è accaduto nella discoteca milanese, ma mette anche in luce la preoccupante disinvoltura con cui in Kenya – soprattutto lungo la fascia costiera – proliferano, a vario titolo, associazioni umanitarie, senza che nessuno possa verificarne la competenza e la serietà, quasi che i bimbi africani, debbano diventare l’ideale strumento per far soldi e acquisire un’immeritata notorietà paludata da pseudo umanitarismo.
Franco Nofori
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