Speciale Per Africa Express
Franco Nofori
Torino, 7 marzo 2018
I militi del GSU, sono la famigerata forza paramilitare del General Service Unit, che con i suoi temuti baschi rossi terrorizza i keniani durante le retate, ma questa volta, uno di loro è intervenuto dalla parte giusta. Il fatto si è verificato qualche giorno fa nel villaggio di Sio Port nel distretto di Busia. Il milite del GSU ha notato che alcuni uomini in abiti civili stavano estorcendo denaro a un conducente di boda boda (motoretta taxi). Il milite (il cui nome non è stato reso noto), si è avvicinato per informarsi su cosa stesse accadendo e per tutta risposta, uno degli estorsori l’ha colpito in faccia con un violento ceffone.
Pronta è stata la reazione del militare che in un batter d’occhio, ha atterrato entrambi gli uomini i quali, vista la mala parata, si sono qualificati come agenti del traffico in borghese e si sono rapidamente eclissati temendo altre botte dal militare, che appariva dotato di un fisico adeguato alla bisogna. Ma poco dopo la zuffa, il poliziotto che aveva schiaffeggiato il militare, oppresso dal livore per essere stato pubblicamente umiliato, è tornato sul luogo dello scontro insieme ad altri quattro colleghi, impugnando un coltello e ben determinato a vendicarsi. L’uomo del GSU che si era seduto presso un chiosco, si è alzato pronto ad affrontarli, ma alcuni dei presenti, l’hanno informato della presenza del coltello, consigliandogli di desistere e lui, affidandosi al buon senso, si è così allontanato.
E’ stato poi accertato che il poliziotto corrotto rispondeva al nome di Onyango ed era tristemente noto ai residenti locali, come un insaziabile estorsore, che spremeva chiunque gli capitasse a tiro. La notizia della baruffa tra i due agenti e l’uomo del GSU, si è diffusa rapidamente fino ad arrivare all’orecchio di John Nyoike, Comandante distrettuale della polizia di Busia. “Ho ordinato immediate investigazioni – ha raccontato l’alto ufficiale –. Prenderemo seri provvedimenti contro l’accusato, se le sue responsabilità saranno accertate”. Tonante dichiarazione che ha lasciato però i residenti piuttosto dubbiosi, giacché le passate esperienze, mostrano che molto raramente, agenti accusati di corruzione, pagano per le proprie colpe. Tuttalpiù subiscono una breve sospensione o un trasferimento in altra sede.
Qualche anno fa, il comando centrale della polizia del traffico, aveva annunciato la sospensione di ben 400 agenti accusati di corruzione, cioè il dieci per cento dell’intero corpo che ne conta quattromila, ma a oggi non si sa ancora se questi sono stati poi licenziati e portati in giudizio oppure siano tuttora in servizio continuando a svolgere tranquillamente la loro attività parallela, molto più redditizia di quella ufficiale. La corruzione, in Kenya, rappresenta più di un terzo dell’intera economia nazionale. E’ un gigantesco, inarrestabile flusso di denaro sotterraneo che sottrae alla popolazione la fornitura dei servizi essenziali, affama sempre di più i poveri e arricchisce oltre misura il malcostume e la trasgressione.
Franco Nofori
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