Franco Nofori
Torino, 19 febbraio 2019
Al rapimento della volontaria Silvia Costanza Romano, avvenuto a Chakama, nel nord-ovest del Kenya, ha fatto seguito – a soli quarantacinque giorni di distanza – l’oscura scomparsa, in Burkina Faso, del giovane architetto padovano, Luca Tacchetto, e della sua amica canadese Edith Blais, di cui non si hanno più notizie. L’invito al riserbo, richiesto dalle autorità italiane e canadesi, non lenisce l’angoscia sulla loro sorte.
Se per quanto riguarda Silvia Romano, la dinamica del rapimento è chiara e precisa, invece, la scomparsa di Luca Tacchetto e di Edith Blais, anche loro decisi a fare un’esperienza di volontariato, è avvolta nel mistero, sebbene risulti ormai consolidato il loro sequestro. Il governo canadese ha inviato in Burkina Faso quattro investigatori, per affiancare le forze di sicurezza locali e quelle disposte dalla Farnesina, nella ricerca dei due giovani.
Purtroppo, nostro malgrado, non si può fare a meno di rilevare un certo grado di avventatezza nell’affrontare imprese a così alto rischio, senza conoscere, o senza tener conto, dei pericoli insiti in queste scelte. Queste critiche sono necessarie per salvaguardare la sicurezza di altri giovani che intendessero seguirne l’esempio. Il 15 febbraio scorso, quindi pochissimi giorni fa, sempre in Burkina Faso, il settantaduenne spagnolo Antonio Cèsar Fernàndez, missionario salesiano, è stato ucciso da una banda di jihadisti, nei pressi del confine con il Togo, proprio dove Luca ed Edith erano diretti.
Il Foreign Office britannico sul suo sito ammonisce: “Chiunque sia presente in Burkina Faso, per turismo, attività umanitarie, giornalismo o affari, è visto come un legittimo obbiettivo per un sequestro a scopo terroristico o di riscatto. Qualsiasi precauzione possa venire messa in atto, non riuscirà a mitigare questo altissimo rischio”. Ancora più drastico è l’avviso diffuso dalla Farnesina: “Alla luce del quadro generale di insicurezza nell’intera area saheliana, interessata anche da fenomeni di matrice terroristica, nonché in ragione dello scenario politico-istituzionale, ancora fortemente instabile, si sconsigliano viaggi a qualsiasi titolo nel Burkina Faso”.
Possibile che nessuno – né i due giovani scomparsi, né i loro amici e familiari, né l’organizzazione per cui dovevano operare – abbiano tenuto in debito conto questi avvertimenti? Luca Tacchetto si è messo alla guida della propria auto, con l’amica canadese ed è partito dall’Italia, attraversando zone desertiche, tutte ad altissimo rischio: Marocco, Mauritania, Mali e Burkina Faso. La loro meta era il Togo, dove non sono mai arrivati. Purtroppo quanto accaduto poco tempo prima alla volontaria Silvia Romano in Kenya non ha suggerito alcuna cautela ai due giovani, che, animati dell’entusiasmo, si accingevano ad affrontare la loro singolare avventura.
Le tracce di Luca Tacchetto si sono perse il 15 dicembre scorso, quando, nell’ultimo contatto con gli amici che lo attendevano in Togo, il giovane, che insieme alla ragazza canadese, si trovava nella cittadina di Bobo-Dioulasso, in Burkina Faso, aveva avvisato che stava per partire, sempre con la propria auto, per raggiungerli e cooperare con loro alla costruzione di un villaggio per la popolazione locale. Cos’è avvenuto da quel momento in poi nessuno può saperlo, ma non è difficile intuirlo.
Eppure non è, che nel panorama informativo internazionale, manchino rapporti sull’evolversi delle situazioni a rischio nelle varie zone del pianeta. Pochi minuti di ricerca sul web, sono in grado di fornire un esauriente vademecum in proposito. Poco più di una settimana fa, nell’annuale conferenza sulla sicurezza che si tiene a Monaco, in Germania, l’African Center for Strategic Studies, ha rivelato che nel 2018 il numero delle vittime per atti terroristici, accertate nella sola zona del Sahel, sono state 1.082, il doppio di quelle riscontrate nell’anno precedente.
Questa situazione, che è purtroppo in costante evoluzione negativa, rende improcrastinabile l’adozione di adeguate misure da parte dei governi occidentali. Il proliferare di Onlus e la facilità con cui queste ottengono ufficiali riconoscimenti governativi, impone che ogni richiesta di registrazione, venga accuratamente valutata nelle sue reali possibilità organizzative, finanziarie, strutturali e con l’assunzione di chiare responsabilità nei confronti delle persone che vengono reclutate per missioni di volontariato.
Franco Nofori
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