Sul rapimento di Silvia Romano bocche cucite mentre le ricerche annaspano

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La ventitreenne Silvia Romano rapita due mesi fa nel villaggio di Chakama

Speciale per Africa Express
Franco Nofori
Torino, 25 gennaio 2019

Sono passati più di due mesi dal rapimento della cooperante milanese, Silvia Romano e le trionfalistiche dichiarazioni della polizia keniana, rilasciate all’indomani dell’evento, si sono rivelate per quello che erano: grossolane e avventate boutade, non supportate da alcun rilievo oggettivo. Oggi, l’incresciosa vicenda di cui è rimasta vittima la nostra giovane connazionale, resta avvolta in un plumbeo e angoscioso mistero. I massicci arresti effettuati, che pareva comprendessero anche uno dei presunti rapitori, hanno prodotto un macroscopico nulla. Tacciono i media, tace la Farnesina e tacciono o sproloquiano le autorità locali. Un silenzio inquietante pieno di interrogativi.

Mappa della contea del Tana River dovo sono stati fermati Marco Duina e Jessica todaro

Intanto, lo scorso giovedì, la polizia del Kenya ha tratto in arresto, il ventiquattrenne milanese Gian Marco Duina, anche lui cooperante, trovato mentre, insieme all’amica Jessica Todaro, girovagava a Ngao, un villaggio del Tana River, considerata zona ad alto rischio e soggetta a coprifuoco. I due giovani erano in possesso di semplici visti turistici che non consentivano loro di prestare altre attività all’infuori di quella prettamente vacanziera. I due sono stati rilasciati il giorno successivo e ci si augura faranno tesoro di questa sgradevole esperienza.

Luca Tacchetto ed Edith Blais, i due giovani scomparsi in Burkina Faso

Il mese scorso, nel pericoloso Burkina Faso, sono scomparsi – probabilmente sequestrati – il padovano Luca Tacchetto e la sua amica canadese Edtith Blais di 30 e 34 anni. Anche loro operavano per conto di una Onlus attiva in Togo, Paese che i due giovani intendevano raggiungere con la proprio auto che, partita da Padova, aveva attraversato Francia, Spagna, Marocco, Mauritania e Mali per raggiungere il Burkina Faso, da cui, dopo una breve sosta, sarebbero ripartiti per la destinazione finale.

Impossibile non rilevare un certa disinvoltura nell’affrontare esperienze di volontariato in Paesi poveri, politicamente instabili e soggetti a continui scontri tribali. Sono oltre trenta (parliamo dei soli italiani) le persone rapite negli ultimi dieci anni mentre si trovavano all’estero. In maggioranza si è trattato di volontari e cooperanti di organizzazioni umanitarie, che, pur se animati da lodevoli intenzioni, mostrano una scarsa conoscenza delle problematiche e dei rischi che si accingono ad affrontare.

Per quanto riguarda il Kenya, chiunque venga come volontario/cooperante, dev’essere segnalato alle autorità locali e ottenere l’ufficiale riconoscimento di tale status. Quanto accaduto a Silvia Romano, Gian Marco Luina e Jessica Todaro, legittima dunque, l’insorgere di qualche dubbio sulla superficialità con cui varie NGO minori, gestiscono l’invio di volontari e cooperanti in Kenya, visto che questi sembrano trovarsi allo sbaraglio senza riferimenti né assistenza logistica. C’è il sospetto che Silvia sia entrata in Kenya con visto turistico, cosa che non avrà fatto molto piacere alle autorità keniote.

Il popolare bar-ristorante Karen Blixen di Malindi, gestito da Mariangela Beltrame (alias Tiziana) e Roberto Ciavolella

Alcuni dei volontari che hanno lavorato con Africa Milele, utilizzavano i servizi messi a loro disposizione dalla signora Tiziana, contitolare del bar-ristorante Karen Blixen di Malindi, cui, come da istruzioni ricevute, consegnavano pacchi di farmaci e di altri generi. Ma forse né loro, né la onlus sapevano che la signora Tiziana del Karen Blixen, si chiama in realtà Mariangela Beltrame, la quale, insieme al suo convivente e contitolare, Roberto Ciavolella, è oggetto di un procedimento giudiziario presso il tribunale di Latina, per frodi ammontanti a oltre tre milioni di euro, che loro, in qualità di promoter finanziari, avrebbero sottratto a ignari investitori.

La volontaria ventitreenne Silvia Romano, fotografata sulla spiaggia di Likoni, rapita due mesi fa nel villaggio di Chakama

In effetti, le investigazioni degli inquirenti nei confronti di Mariangela Beltrame e Roberto Ciavolella, sono iniziate nel 2013 a seguito delle denunce sporte da alcune delle loro vittime, ma poiché i due erano già riparati in Africa, non è stato finora possibile notificare il procedimento a loro carico, peraltro già rinviato più volte e la cui prossima udienza è stata fissata ad aprile di quest’anno. Se quest’ultima notifica non potrà essere effettuata in tempo utile, le imputazioni rivolte ai due indiziati, andranno fatalmente in prescrizione ed è a dir poco curioso che l’Italia, tramite la sua rete consolare, riesca a notificare in Kenya una multa per divieto di sosta (è accaduto a me) e non riesca, invece, a fare altrettanto per un ben più grave reato di frode, visto anche che a Malindi c’è un console onorario che sa benissimo dove i due indiziati vivono e lavorano.

Un elicottero della polizia del Kenya perlustra la zona a nord di Chakama alla ricerca di Silvia Romano

Posto che fino alla sentenza di terzo grado, non si può parlare di colpevolezza, la presidente di Africa Milele, Lilian Sora, non era a conoscenza di questo procedimento a carico delle persone che erano i suoi contatti in loco: “Sì, avevo sentito delle voci sui gestori del Karen Blixen e la stessa Tiziana mi aveva genericamente parlato di cause legali in corso – spiega al telefono Lilian Sora – ma solo recentemente ho appreso dai media dell’esistenza di procedimenti giudiziari a loro carico in Italia”.  Lilian appare sincera e non è il caso di colpevolizzarla, come hanno fatto, con grande superficialità e un po’ di dolo, alcuni media.

Forze speciali italiane. Notizie raccolte da Africa ExPress le danno presenti in Kenya alla ricerca di Silvia Romano

Del resto la sua è una Onlus giovane, entrata in attività solo nel 2013.  La sua presidente non riesce a passare in Kenya (nella base di Chakama) più di due mesi all’anno, mentre l’humus in cui vive la comunità italiana di Malindi e così variegato e complesso che anche chi vi abita da diversi decenni, stenta a sviscerarne tutti i risvolti. Molte aggressioni personali indirizzate a Lilian Sora, perlopiù venate da illazioni e malevolenze senza uno straccio di prova, stanno rendendo la sua vita un vero inferno. La macchina del fango è entrata in azione contro una organizzazione e la sua presidente più per motivi ideologici che per prove o comunque indizi.

Ma sull’incresciosa vicenda di Silvia Romano, c’è un’altra qualificata testimonianza. E’ quella di Davide Ciarrapica che a Likoni, nella costa sud del Kenya, gestisce l’Onlus “Orphan Dream” dove, lo scorso agosto la volontaria milanese aveva fatto la sua prima esperienza in terra d’Africa. “Era bravissima con i bambini – ha raccontato ad Africa Express – ma era un po’ riluttante a seguire le regole. Voleva uscire la sera mentre noi chiediamo ai volontari che operano presso di noi di non rientrare dopo le dieci perché anche Likoni è una zona molto pericolosa, soprattutto di notte. Ovviamente chi voleva uscire, ne aveva diritto, ma lo faceva a proprio rischio.  Gli ultimi venti giorni del periodo in cui è stata in Kenya, Silvia li aveva passati a Chakama, in accordo con Lilian Sora, presidente dell’Onlus Africa Milele. Lì diceva di aver trovato degli amici ed è per questo che ci è voluta tornare, nel suo secondo viaggio, malgrado il mio partner africano l’avesse fortemente sconsigliata perché si sarebbe trovata sola e senza neppure la corrente elettrica, ma lei gli ha risposto che a Chakama si sentiva libera, poteva uscire con i locali e alzarsi al  mattino quando voleva”.

“Chi doveva proteggerla – continua Davide – era Joseph, il compagno masaai di Lilian Sora, che, purtroppo nel giorno del rapimento non si trovava a Chakama. Per quanto riguarda i sospetti, la mia idea, ma è del tutto personale, è che ad organizzarlo sia stato qualcuno che le era molto vicino, perché sono andati a colpo troppo sicuro. Mi dispiace tantissimo per Silvia e spero che possa essere presto liberata”.

Silvia è una ragazza di ventitre anni, con i desideri e gli entusiasmi della sua età e vuole vivere in pieno la propria giovinezza. L’indegno coro d’insulti, di cui è stata fatta oggetto su molti social e blog, esprime i peggiori sentimenti di una società che vuole dirsi civile. Come si può sostenere che l’esuberanza giovanile le abbia fatto meritare l’atrocità di cui è stata vittima? Neppure si deve però cadere nell’insulsa retorica della sua santificazione. Silvia era una ragazza normale; né santa, né colpevole e l’assoluta mancanza di equilibrio che si esprime attraverso gli eccessi (in un senso o nell’altro) è il segno di quanto effimera sappia diventare l’anima di una società sempre più parziale e faziosa.

Franco Nofori
franco.kronos1@gmail.com
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