Mediterraneo centrale, 20 gennaio 2019
Sono sfiniti i cento migranti a bordo di un barcone in avaria a sessanta miglia dalle coste libiche. Intorno alle 13.00 Alarm Phone, sistema di allerta telefonico utilizzato per segnalare imbarcazioni in difficoltà, aveva allertato la guardia costiera libica di un barcone in avaria a sessanta miglia dalla costa africana, con a bordo cento persone, tra loro anche donne e bambini.
Disperati, infreddoliti, temevano di morire di ipotermia. Dopo dieci ore e più di attesa, finalmente sono giunti sul posto una vedetta dei libici e un mercantile, la Lady Sharme, battente bandiera della Sierra Leone. Mentre scriviamo si sta effettuando il trasbordo dei poveracci e in nottata saranno riportati all’inferno, a Tripoli.
I nostri porti ovviamenti sono chiusi. Vietato qualsiasi intervento da parte di ONG o della Guardia costiera italiana. Da quanto si apprende, il premier, Giuseppe Contre ha esercitato pressioni sui libici, chiedendo un intervento immediato di Tripoli, che inizialmente avevano fatto sapere di non avere motovedette a disposizione.
Ora i migranti sono costretti a ritornare nei centri di detenzione dell’ex colonia italiana, per poi essere venduti a un qualsiasi trafficante. Nuove torture, nuovi riscatti da pagare. Certo, giustamente il nostro governo non tratta con i mercanti di uomini. Ci sono diverse altre soluzioni, però, che potrebbero essere adottate come i corridoi umanitari, la richiesta di visti nei Paesi di transito, ma diciamoci la verità, queste alternative non interessano a nessuno. I migranti non sono graditi. Non devono arrivare nel nostro Paese e in Europa.
E certamente i più hanno già dimenticato l’ultima strage che risale a pochi giorni fa, durante la quale sono morte centodiciasette persone.
Africa ExPress
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