Franco Nofori
Torino, 5 gennaio 2019
La realtà africana ci ha resi prudenti nel santificare le nuove leadership, anche quando queste, come per lo Zimbabwe di Robert Mugabe e l’Uganda di Yoweri Museveni, paiono al loro esordio, animate da ottime intenzioni, per poi trasformarsi presto in tirannie ingorde e corrotte. Tuttavia, il Ruanda di Paul Kagame – benché anche lui abbia alle spalle un passato alquanto discusso – sta oggi mostrando il genuino intento di far risorgere il Paese dagli orrendi massacri etnici che, nel 1994, produssero, in soli tre mesi, quasi un milione di morti.
Kagame, salito alla presidenza nell’anno 2000, ha già sorpreso gli osservatori internazionali per la determinazione con cui ha dato vita ad alcune iniziative, tese allo sviluppo e alla moralizzazione della società ruandese. Non molto tempo fa, aveva messo al bando migliaia di chiese spurie che prosperavano grazie all’ingenuità dei propri seguaci; a partire dal 2013 ha fortemente migliorato i settori della pubblica istruzione e dell’assistenza sanitaria e – grazie alle innovazioni da lui introdotte – il Paese ha conosciuto, tra il 2004 e il 2010, una straordinaria crescita economica che si è attestata sull’otto per cento annuo.
Oggi, con una mossa a sorpresa, che dovrebbe creare forti imbarazzi nella maggior parte delle leadership africane, il governo da lui diretto, si è riappropriato di quaranta terreni agricoli (ma qualcuno parla solo di venti) posseduti da varie personalità politiche ruandesi e lasciati in stato di totale abbandono. “Lo scopo di questo sequestro – ha spiegato il ministro dell’agricoltura, Geraldine Mukeshimana – è di sviluppare in quei terreni un adeguato sfruttamento agricolo e di allevamento bestiame. E’ assurdo che si detenga per dieci anni il possesso di vasti e fertili appezzamenti, senza renderli produttivi”.
I terreni in questione si trovano nei distretti di Nyagatare, Gatsibo, Kayonza e Kirehe ed erano stati assegnati nel 2008 a preminenti personalità governative che si erano impegnate a sfruttarli convenientemente, cosa che, nei casi in esame, non è evidentemente avvenuta. “Non si tratta di una decisione autoritaria – ha precisato il governatore delle zone interessate, respingendo le proteste dei proprietari –. I terreni in oggetto sono stati ceduti in affitto a scadenza indeterminata, ai sensi dell’art. 38 della legge n° 44 che regola tali concessioni e stabilisce che, qualora le condizioni previste non siano assolte, il governo ha facoltà di riappropriarsene in qualsiasi momento, con un semplice preavviso di quindici giorni”.
Impossibile non chiedersi cosa accadrebbe, se la stessa decisione fosse adottata anche in altri paesi africani. In Kenya – ad esempio – la concessione in lease (affitto) di molti terreni agricoli o adatti allo sfruttamento turistico, è più o meno regolata dalle stesse norme previste dalla legge ruandese, ma i terreni abbandonati incolti o esclusivamente adibiti a lussuose dimore residenziali dei VIP, sono decine di migliaia, senza che il governo sia mai intervenuto per riappropriarsene. Eppure non si tratta di proprietà detenute da dieci anni come quelle ruandesi, qui si tratta di detenzioni illecite che durano anche da mezzo secolo e più.
Franco Nofori
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