Povertà e corruzione: un 2018 vissuto con violenza senza fine in Nigeria e Camerun

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Muhammadu Buhari, presidente della Nigeria (a sinistra) e il suo omologo del Camerun, Paul Biya (a destra)

Speciale per Africa ExPres
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 2 gennaio 2019

Camerun

Un anno certamente complesso e travagliato per il Camerum, che ha visto disordini e morti nelle zone anglofone,  insorte due anni fa dopo l’introduzione della lingua francese nelle scuole. Lo scorso ottobre l’anziano presidente, Paul Biya, al potere dal 1982, ha vinto nuovamente le elezioni ed ora è al suo settimo mandato.

Muhammadu Buhari, presidente della Nigeria (a sinistra) e il suo omologo del Camerun, Paul Biya (a destra)

Naturalmente le proteste degli anglofoni sono state per lo più “sedate” brutalmente dalle forze di sicurezza e Biya, non intende aprire un dialogo con gli insorti. Attualmente sono detenute centinaia di persone in diverse galere camerunensi. Ma il presidente, prima della fine dell’anno ha voluto fare un atto di clemenza e ha firmato la grazia per duecentottantasei anglofoni, coinvolti in un qualche modo nell’insurrezione. Il capo di Stato ha optato per questa soluzione dopo la creazione del Comitato nazionale del disarmo, smobilitazione e reintegrazione (Comité national de désarmement, de démobilisation et de réintégration). “Il CNDDR si rivolge giovani delle due regioni anglofone, affinché rinuncino alla violenza e riprendano la giusta via”, ha precisato il presidente.

Tra quelli che restano in carcere c’è  Julius Sisiku Ayuk Tabe, leader dei separatisti, accusato di terrorismo e secessione. Il processo a suo carico è stato aperto all’inizio di dicembre davanti al tribunale militare di Yaoundé. Tabe era fuggito in Nigeria, dove è stato arrestato i primi di gennaio dello scorso anno. Poche settimane dopo è stato estradato con diversi suoi sostenitori.

A causa dei continui scontri tra separatisti e esercito, in due anni sono morti almeno duecento tra militari e agenti della sicurezza, anche cinquecento civili avrebbero perso la vita, mentre altri quattrocentomila sono scappate dalle loro case, cercando rifugio in zone diverse del Camerun o nella vicina Nigeria.

La popolazione è rimasta molto delusa dopo la decisione della Confederazione calcistica africana di spostare la Coppa d’Africa, che doveva svolgersi quest’anno nel Camerun, in un altro Paese del continente. Il presidente del CAF, il malgascio Ahmad Ahmad ha fatto sapere che il provvedimento è stato preso a causa dei forti ritardi nei lavori per costruire le strutture dove si sarebbero dovute giocare le partite. Un boccone amaro per un Paese dove il calcio è considerato lo sport nazionale.

Il Camerun ha dieci Regioni autonome, otto delle quali sono francofone. Solamente in due si parla inglese. All’inizio del ‘900 il Paese era una colonia tedesca. Dopo la prima guerra mondiale nel 1919, è stata divisa tra i francesi e gli inglesi, secondo il mandato della Lega delle Nazioni. La parte francese era molto più ampia e aveva come capitale Yaoundé, mentre quella inglese comprendeva una parte della Nigeria e si estendeva fino al Lago Ciad, con capitale Lagos. Gli inglesi erano poco presenti in questa regione, perché la loro attenzione era concentrata sui territori dell’attuale Nigeria.

Con l’indipendenza, ottenuta nel 1961, le due sezioni inglesi e quelle francesi sono state riunite per formare un unico Stato, l’attuale Camerun, ma finora le parti hanno sempre mantenuto un alto grado di autonomia.

Nigeria

Terroristi jihadisti Boko Haram

Nel Paese più popoloso dell’Africa si vota a febbraio. Le presidenziali sono alle porte e ovviamente tutti gli uomini politici al potere sono impegnati con la campagna elettorale. L’attuale presidente, Muhammadu Buhari, ex golpista del 1983, è nuovamente il candidato del partito al potere, All Progressives Congress. Mentre l’uomo del raggruppamento politico all’opposizione Peoples Democratic Party, è Atiku Abubakar, ex vice presidente di Oluṣẹgun Matthew Dani Okikiọla Arẹmu Ọbasanjọ Milliasa, dal 1999-2007.

L’ ISWAP (Islamic State West Africa Province), una fazione di Boko Haram, prima della fine dell’anno ha messo nuovamente a segno una serie di attacchi nel nord est della Nigeria, seminando distruzione e morte tra i civili. I miliziani hanno occupato la città di Baga, vicino al confine con il Ciad e preso il controllo della limitrofa base militare multiforze (MNJTF), i cui soldati – nigeriani, camerunensi, nigerini e ciadiani – hanno proprio il compito di contrastare i jihadisti.

Centinaia di persone sono fuggite verso Maiduguri, il capoluogo del Borno State, centro di infiniti attacchi dei Boko Haram da ormai dieci anni. Un tempo Baga era una grande città, che contava oltre trecentomila abitanti. Nel 2015 aveva subito una terrificante aggressione terrorista, durante la quale sono morte duemila persone e più.

Secondo i media nigeriani la scorsa settimana sono stati silurati un centinaio di poliziotti, specializzati nell’antiterrorismo. Militari e agenti di polizia lamentano di essere mal equipaggiati per combattere e contrastare  coloro che hanno ammazzato ventisettemila persone, stuprato e sequestrato un numero indefinito di povera gente e costretto 2,6 milioni di persone a lasciare le proprie case. Attualmente gli sfollati sono 2.026.602, i rifugiati nel Camerun 345.751, nel Ciad 174.074 e nel Niger 118.781.

Pastori semi-nomadi fulani

 

Anche nel centro del gigante dell’Africa la situazione è tutt’altro che tranquilla. Continui scontri etnici e  incessanti attacchi dei pastori semi-nomadi fulani agli agricoltori seminano paura e morte. I residenti, contadini stanziali, sono per lo più cristiani, mentre i fulani sono musulmi, giunti nella zona nel XVII secolo provenienti dal Mali.  Nell’ultima aggressione, martedì notte,  sarebbero state uccise sette persone e incendiate trecento case, hanno distrutto il raccolto, diverse moto e automobili nel villaggio di Nding Susut, nel Plateau State. Mentre il giorno precedente sono state ammazzate quattro persone a Gwom Nding, sempre nello stesso Stato.

Molti analisti e numerose organizzazioni umanitarie sono convinti che il conflitto tra pastori nomadi e contadini sia sempre stato sempre sottovalutato in questi anni dal governo centrale, eppure, come si evince da un rapporto di SB Morgan Intelligence Consulting, negli ultimi vent’anni durante gli scontri sono morte tra cinque a diecimila persone. Secondo la relazione della SB le milizie dei fulani sono da ritenersi più pericolose dei terroristi Boko Haram. E anche il database di Armed Conflict Location & Event Data Project (ACLED) conferma che l’undici percento delle morti di civili in Africa sono causati da conflitti con pastori.

In molte parti della Nigeria i rapimenti di cittadini stranieri e benestanti locali sono assai frequenti. Generalmente vengono rilasciati dopo breve tempo dietro il pagamento di un lauto riscatto. La ex colonia britannica è considerata un Paese ad alto rischio, dove i sequestri si stanno moltiplicando in modo preoccupante. La mancanza di lavoro, la povertà, la galoppante corruzione, che impedisce una concreta pianificazione per lo sviluppo e la crescita economica delle comunità, sono certamente alla base di questi atti criminali.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes