Speciale per Africa Express
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 28 dicembre 2018
Questa mattina il ministro degli Esteri di Kinshasa, Léonard She Okitundu, ha chiesto all’Unione Europea di richiamare nelle prossime quarantotto ore il proprio rappresentante diplomatico, il belga Bart Ouvry. Si tratta ovviamente di una ritorsione nei confronti dell’UE che ha rinnovato le sanzioni nei confronti di quattordici alti funzionari congolesi, tra loro il candidato alle presidenziali del partito al potere, Emmanuel Ramazani Shadary.
Intanto la Commissione elettorale nazionale indipendente ha privato oltre 1,25 milioni di congolesi del loro diritto di eleggere il presidente. CENI ha posticipato al 30 marzo 2019 le votazioni in alcune zone del Paese. Dunque questi elettori dovranno attendere altri tre mesi prima di poter esprimere le loro preferenze per quanto concerne le legislative, provinciali e locali, mentre sono esclusi dalle presidenziali, visto che i risultati definitivi che annunceranno il nuovo leader, saranno resi noti già a metà gennaio 2019.
Nel resto della Repubblica Democratica del Congo la tornata elettorale dovrebbero svolgersi fra due giorni, votazioni che sono già state rinviata dal 23 novembre al 30 dicembre 2018, mentre nelle città di Beni e Butembo nel Nord-Kivu e nell’area di Yumbi nella provincia di Maï Ndombé, la popolazione andrà alle urne solamente il 30 marzo 2019.
L’opposizione ritiene che tale rinvio sia ingiustificabile e anche Moïse Katumbi, attualmente in esilio e sostenitore di Martin Fayulu, candidato di Lamuka (“svegliati”, in lingua lingala), ha espresso il suo disappunto su twitter. La Chiesa cattolica e il Comitato laico di coordinamento – in prima linea sul fronte anti-Kabila – hanno criticato duramente la decisione di CENI. E alcuni notabili delle regioni toccate dal nuovo rinvio, hanno prospettato la possibilità di ricorrere alla Corte costituzionale.
CENI respinge tutte la accuse, le misure prese sarebbero state necessarie a causa dell’epidemia di ebola e dei continui attacchi dei miliziani di Alliance of Democratic Forces (un gruppo terrorista filoislamico ugandese, dal 1995 operativo anche in Congo-K nel Nord Kivu) e lo stato di insicurezza dopo scontri etnici nel Maï Ndombé.
Martin Fayulu, aveva indetto uno sciopero generale per giovedì scorso, proprio per manifestare contro le disposizioni di CENI. Il numero dei partecipanti nella capitale è stato esiguo, mentre a Goma e Beni le adesioni alle manifestazioni sono state più importanti. A Goma polizia e esercito sono intervenuti e hanno cercato di disperdere i manifestanti.
A Beni le persone sono scese nelle strade con la bandiera congolese in mano, per esprimere la loro rabbia per non poter partecipare alle presidenziali di domenica prossima. La manifestazione è partita dallo stadio ed era diretta verso il municipio, ma i partecipanti non hanno potuto oltrepassare la grande rotatoria, dove, secondo alcuni testimoni, le forze dell’ordine hanno iniziato a sparare: una persona sarebbe stata uccisa, mentre altre due sarebbero state ferite.
Radio Okapi, l’emittente fondata dalle Nazioni Unite, solitamente bene informata, ha riportato che ieri una ventina di persone, sospette di aver contratto il virus ebola, sarebbero scappate da un centro di transito a Beni, dove si trovavano in osservazione, in attesa dei risultati delle analisi. L’istituto è stato preso d’assalto da un gruppo di giovani che manifestavano contro il rinvio delle elezioni. Hanno forzato le porte, spaventando a morte tutti i ricoverati. Secondo Justus Nsio, vice coordinatore per “lotta contro l’ebola”, le persone potrebbero essere tornate a casa loro: “Appena la situazione si calmerà- ha promesso – cercheremo di riportarle qui”.
Secondo il bollettino dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) emesso il 28 dicembre 2018, finora sono morte trecentocinquantasette persone dal 1°agosto, inizio della decima epidemia della febbre emorragica nel Congo-K.
Gli aventi diritti al voto sono oltre quarantasei milioni. Eleggeranno il nuovo presidente domenica prossima. L’attuale leader ha rinunciato a ricandidarsi, ma non si esclude che possa essere nuovamente in lizza in una prossima tornata elettorale. Joseph Kabila, presidente del Congo-Kinshasa, è salito al potere dopo l’omicidio del padre, Laurent-Désiré Kabila, nel 2001. E’ stato rieletto nel 2006 e nel 2011; il suo mandato è scaduto nel dicembre 2016.
Cornelia I. Toelgyes
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