Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 25 dicembre 2018
L’annuncio del governo di voler triplicare il prezzo del pane, ha provocato un’ondata di proteste in Sudan. La rivolta è cominciata il 19 dicembre e da Khartoum si è diffusa in tutto il Paese.
Anche oggi pomeriggio migliaia di persone si sono riversate sulle strade della capitale per chiedere le dimissioni del presiedente Omar Al Bashir, che è impadronito del potere con un colpo di Stato il 30 giugno 1989. Lunedì la Sudanese Professional Association aveva chiesto alla popolazione di scendere in piazza, convocando la manifestazione di oggi, e di marciare verso il palazzo presidenziale per consegnare al presidente Omar Al Bashir un memorandum per chiedere al vecchio leader di lasciare la poltrona.
Le forze di sicurezza e la polizia hanno isolato Abu Jinzeer Square sin dalle prime ore del mattino, costringendo i dimostranti a riversarsi nel centro di Khartoum. La massa oceanica ha cantato in coro “Peaceful … Peaceful against the thieves”, “Freedom, Peace, Justice … Revolution is the choice of the people” e “The people want to bring down the regime”. (pacificamente contro i ladri, libertà, pace e giustizia, la rivoluzione è la scelta del popolo e il popolo vuole abbattere il regime).
Le forze dell’ordine hanno reagito lanciando gas lacrimogeni e proiettili, non solo di gomma ma anche di piombo. Fonti mediche hanno fatto sapere che otto persone sono state ferite, tra loro quattro, che ora sono ricoverate in ospedale, in condizioni critiche. Secondo testimoni oculari, diversi giornalisti sono stati picchiati selvaggiamente e i loro cellulari sono stati sequestrati dagli uomini della sicurezza in abiti civili. Ciononostante alcuni attivisti sono riusciti a postare suoi social network filmati che mostrano appunto uomini della sicurezza senza uniforme intenti a sparare sui manifestanti.
Le proteste, per lo più spontanee, scatenate dalla rabbia della gente, che chiede una vita dignitosa, si sono svolte in una decina di città sudanesi. Secondo alcuni responsabili e testimoni, durante gli scontri con le forze antisommossa, sono state uccise almeno otto persone, sei a El-Gadaref e due a Atbara. Ma il bilancio è stimato ben più alto. Sadik Al-Mahdi, ex primo ministro uno dei principali esponenti dell’opposizione, ha detto sabato scorso che i morti sarebbero almeno ventidue. Al-Madhi è ritornato nel Paese pochi giorni fa, dopo oltre un anno di esilio. Ma già in precedenza era stato cacciato dall’attuale regime.
In tutto il Paese sono stati arrestati in questi ultimi giorni decine di manifestanti e oppositori politici, mentre a Khartoum le autorità hanno chiuso le scuole di ogni ordine e grado. In diversi stati è stato imposto il coprifuoco e lo stato d’emergenza.
Amnesty International, in un suo comunicato di lunedì scorso, ha scritto che, secondo le informazioni in suo possesso, tra il 19 e il 24 dicembre negli scontri con le forze antisommossa sarebbero stata uccise dalle forze dell’ordine trentasette persone. E Sarah Jackson, vice-direttrice per est Africa, dei Grandi Laghi e del Corno d’Africa della ONG con base a Londra, ha precisato: “Il fatto che i militari reagiscano in maniera talmente spropositata e violenta nei confronti dei manifestanti non armati, è estremamente preoccupante”. Per tanto l’organizzazione chiede al governo di Khartoum di mettere fine alle violenze per evitare altri spargimenti di sangue.
Anche domenica, dopo una partita di calcio svoltasi a Khartoum, i tifosi hanno chiesto a gran voce al presidente – sul quale pende un mandato d’arresto, spiccato dalla Corte Penale Internazionale nel 2009, per crimini di guerra e genocidio – di andarsene. Ne sono seguiti forti scontri con le forze di polizia a Omdurman, uno dei tre agglomerati urbani (il più popoloso) che formano Khartoum; gli agenti hanno utilizzato gas lacrimogeni e pallottole di gomma per disperdere la folla.
Lunedì scorso, dopo sei giorni di dimostrazioni, per rispondere ai dimostranti il presidente Omar Al-Bashir, ha promesso riforme vere che, a suo parere, garantiranno una vita dignitosa ai cittadini. La gente è stanca di questo regime, non si accontenta più delle semplice promesse. Vuole vedere cambiamenti reali. Da lunedì è in sciopero gran parte dei medici, ai quali oggi si sono aggiunti anche i farmacisti. Vengono garantiti solamente i servizi di emergenza.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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