Piermario Puliti
23 dicembre 2018
Lotta tra la vita e la morte Sebhat Efrem, ministro dell’Energia e delle Miniere dell’Eritrea che ha subito un attentato la scorsa settimana. Un uomo gli ha sparato con una pistola davanti alla sua casa ad Asmara. Ha un proiettile conficcato nella testa.
Sebhat Efrem è stato uno dei grandi generali dell’EPLF. Ha combattuto mille battaglie, vinte e perse, come accade a tutti gli ufficiali che combattono una guerra durata decenni. Sta, in queste ore, combattendo la sua battaglia più difficile, quella tra la vita e la morte, in un ospedale degli Emirati Arabi Uniti.
Molti lo ricordano con la ricetrasmittente in mano nel documentario sulla battaglia di Massawa presso la bella spiaggia di Gurgusum nel 1990. Generale obbediente, preciso, esperto, ma messo agli arresti domiciliari dal tiranno Isaias, durante la guerra del 1998-2000, in uno dei tanti momenti di ossessiva mania persecutoria del dittatore perseguitato dalle ombre del tradimento.
Un giorno mi mostrò alcune foto di quando, poco più che ventenne, nel Sahel, era seduto ad un tavolo, con una penna in mano, davanti ad una pila di libri ed una candela accesa. “Studiavo – mi disse – quando non combattevo studiavo”, mi ripeteva con orgoglio.
Non aveva vizi: non fumava, non beveva caffè, beveva poco alcool e ci teneva a ricordarlo. Nei primi giorni di settembre del 2001, l’ho visto spesso a casa di Petros Solomon, sul divano della grande sala. I due discutevano per ore. Erano i giorni in cui i G15 chiedevano l’applicazione della Costituzione al dittatore eritreo Isaias Afewerki.
Alla vigilia del colpo di Stato del 18 Settembre 2001, quando i G15 furono arrestati, Petros Solomon mi disse, parlando di Sabat Efrem: “E’ stato un generale perfetto, ha sempre fatto tutto ciò che gli veniva chiesto con una precisione quasi maniacale ma non è possibile chiedergli di prendere una decisione personale, non riesce a ribellarsi”. Allora capii che non avrebbe firmato il documento con la richiesta dell’applicazione della Costituzione. In realtà lo firmò ma poi ritirò la firma. Ecco perché si salvò dall’arresto.
Ho sempre pensato che, una volta caduto il sanguinario presidente eritreo, sarebbe toccato a Sabat Efrem sostituirlo e lo consideravo una speranza per un Paese diverso e migliore.
Invece, dopo l’arresto dell’ex ministro delle finanze, Berhane Abrehe, e dell’uscita di scena di Sebat Efrem, il tiranno eritreo è sempre più isolato e circondato da figure di scarso spessore, personaggi insignificanti. “Generale di vent’anni figlio di un temporale” cantava De Andrè in Fiume Sand Creek.
Piermario Puliti
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