Sandro Pintus
Firenze, 20 dicembre 2018
Jomo Kenyatta, primo presidente del Kenya dopo l’indipendenza dal Regno Unito, cede il posto all’elefante. Via i volti dei presidenti kenioti che vengono sostituiti dagli animali della savana in ordine di importanza.
Dall’11 dicembre scorso la banconota da 1000 scellini è dominata da un elefante, seguita da quella che da 500 scellini che raffigura un fiero leone; il rinoceronte è nella cartamoneta da 200; in quella da 100 vediamo il leopardo mentre sulla banconota da 50 scellini troviamo il bufalo.
Rivoluzione anche nelle monete da uno, cinque, dieci e venti scellini che vedono rispettivamente raffigurati in ordine giraffa, rinoceronte, leone ed elefante.
Spariscono così dalla valuta keniana i ritratti dei tre capi di Stato, Jomo Kenyatta, Daniel arap Moi e Mwai Kibak vissuti dalla popolazione come immagini dell’esaltazione personale – molto comune nei Paesi africani – e pericoloso passo che potrebbe precedere il culto della personalità.
La disposizione, in ritardo – scritta sulla Costituzione democratica del 2010 – ma applicata solo oggi dice che, nel rispetto dei diritti di tutti, “la moneta non deve recare il ritratto di alcun individuo”. Ma oltre all’applicazione della Costituzione è sicuramente l’occasione per dare maggiore spazio alla questione ambientale.
La fauna africana, fondamentale per l’economia dell’ex colonia britannica, è sempre più oppressa dal bracconaggio a causa del traffico illegale di avorio che ha messo in pericolo soprattutto la popolazione di elefanti e rinoceronti ma anche di altre specie.
Il Kenya è uno dei Paesi che hanno messo al bando l’avorio. All’interno del Nairobi National Park, esiste un’area dedicata agli elefanti, a ricordo delle dodici tonnellate di zanne bruciate nel 1989. Una testimonianza e un segnale forte contro la vendita illegale di avorio.
I visitatori possono vedere due grandi contenitori che contengono parte delle ceneri dell’avorio bruciato. Accanto, una stele dedicata al grande mammifero africano.
Sandro Pintus
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