Speciale per Africa ExPress
Massimo A. Alberizzi
Milano, 13 dicembre 2018
Cosa succede a Silvia Romano, la ragazza milanese rapita in Kenya il 20 novembre scorso, ora che da Roma è arrivato un ordine preciso: “Non si paga nessun riscatto”? Presumibilmente la disposizione è stata impartita direttamente dal vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini, poco disposto a trattare con terroristi e banditi.
Pochi giorni dopo il sequestro le autorità italiane avevano chiesto ai rapitori, finora catalogati some semplici malviventi senza motivazioni religiose o politiche, le prove che Silvia era ancora viva. Le hanno ottenute assieme a una richiesta di riscatto. Già, ma a questo punto è intervenuto l’ordine perentorio per impedire di pagare.
Intanto in Kenya sono arrivati da Roma un bel po’ di agenti segreti, sguinzagliati nella zona di Malindi e Lamu, sulla costa, e poi verso Garissa a Mandera, città al confine con la Somalia nell’entroterra. E’ logico pensare infatti che i sequestratori possano tentare di rifugiarsi nell’ex colonia italiana, dove potrebbero trovare facile e comodo rifugio. I nostri 007 sembra non vadano molto d’accordo. Appartengono a varie agenzie in concorrenza che – non sarebbe la prima volta – hanno qualche resistenza a collaborare tra loro. Anni fa l’Italia aveva una bella ed efficiente rete di informatori nella zona compresa tra Somalia e Kenya. Smantellata per inconfessabili motivi e proprio per antagonismi personali scoppiati all’interno dei servizi.
Naturalmente le autorità italiane hanno imposto il silenzio stampa che non giova a risolvere in fretta la situazione ma, al contrario, a prolungarla nel tempo. Lontano dagli occhi vigili e indiscreti dei giornalisti si può fare di tutto, per esempio trattare all’infinto per strappare condizioni migliori per il rilascio, anche se ciò vuol dire lasciare una giovane ragazza indifesa in balia di incontrollabili rapitori e addossare loro responsabilità di fallimenti di trattative e patteggiamenti ai banditi. Secondo le autorità invece la riservatezza totale serve per non danneggiare le indagini.
Il 3 dicembre scorso il vice premier Luigi Di Maio ha incontrato a Roma il vicepresidente keniota William Ruto. Tra le altre cose si è parlato di Silvia. Di Maio ha chiesto e ottenuto di inviare in Kenya un mini contingente di teste di cuoio. Una volta nell’ex colonia britannica, i capi della missione hanno preso contatto con le autorità locali. Un eventuale blitz per liberare la ragazza sarà affidato alle unità speciali keniote, che non vogliono interferenze. Gli italiani potrebbero intervenire solo in territorio somalo, nell’eventualità che i rapitori riuscissero a portare l’ostaggio nell’ex colonia italiana. Hanno chiesto comunque grande, anzi grandissima, cautela e di prendere in considerazione l’opzione militare solo un caso estremo.
Sembra comunque che la banda con Silvia sia ancora in Kenya e che quindi gli shebab, gli islamisti somali, non siano ancora coinvolti direttamente nel rapimento. Se lo fossero stati e se la ragazza fosse in un luogo sicuro e protetto dai miliziani in Somalia, il rapimento sarebbe già stato rivendicato. Comunque unità shebab, certamente più addestrate e organizzate dei banditi, operano anche in Kenya. Il timore è che i rapitori possano loro vendere la ragazza.
Lo spiegamento di forze keniote è enorme. Il confine somalo è blindato, controllato con pattuglie di militari, di poliziotti, di unità speciali e da tre elicotteri che volteggiano in continuazione. E’ stata vietata la navigazione sul fiume Tana e su altri corsi d’acqua che potrebbero essere utilizzati dal gruppo in fuga per raggiungere la Somalia. Posti di blocco su strade e piste sono continui.
Le dichiarazioni ufficiali sono ottimistiche (“Siamo sulle tracce dei rapitori, individuati e circondati”) ma le trattative sono ancora in alto mare. Si cerca di convincere i rapitori a rilasciare la ragazza in cambio di promesse non di denaro ma di punizioni non troppo severe. I negoziati coinvolgono i leader della tribù “orma”, cui i rapitori appartengono. Un gruppo etnico somalo che è emigrato nell’attuale Kenya un paio di secoli fa ma che ancora gode di contatti e protezioni in Somalia.
Sabato scorso alle 7 di sera a Bangale, nella contea del Tana River è stato arrestato Ibrahim Adan Omar, sospettato di aver preso parte al rapimento. Ottimisticamente il capo della polizia della regione, James Akoru, ha sottolineato che l’uomo “sta collaborando”. “Non posso dire di più – ha aggiunto al telefono con lo stringer di Africa ExPress sul posto – per non danneggiare le indagini”.
A casa di Ibrahim è stato trovato un kalashnikov e diversi proiettili. Così si è diffusa la certezza che lui faccia parte della banda che ha rapito Silvia.La polizia è sulle tracce di altri due sospetti, Yusuf Kuno Adan e Said Adan Abdi, spariti nel nulla nella boscaglia keniota.
Domani poi scade l’ultimatum lanciato dall’ex governatore della contea di Tana River, Hussein Dado, che domenica scorsa aveva dato 5 giorni alle comunità pastorali della regione per trovare la ragazza. Dado, che ora è un alto funzionario di un ministero a Nairobi, durante un meeting cui hanno partecipato migliaia di fedeli musulmani che avevano condannato il rapimento, ha assicurato che lui stesso si unirà alla caccia ai rapitori se questi non saranno arrestati entro sabato. “Il rapimento è contro i principi dell’islam”, ha urlato al microfono.
Subito dopo il sequestro di Silvia erano state arrestate 14 persone. Tutte rilasciate tranne tre: Duma Haji Osman e Hassan Borrow Khamis, catturati nella foresta mentre, secondo l’accusa, stavano portando cibo alla gang. La terza è una donna, Rukia Nuno, moglie di Said Adan Abdi, uno dei due sospetti ancora in fuga.
Massimo A Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
twiter @malberizzi
Riceviamo dagli uffici del Viminale questa nota che volentieri pubblichiamo:
*SEQUESTRO DI SILVIA ROMANO, FONTI VICINE AL MINISTRO SALVINI SMENTISCONO SI STIA PARLANDO DI RISCATTO *
A proposito di una ricostruzione giornalistica apparsa su Africa Express, secondo la quale il ministro dell’Interno Matteo Salvini sarebbe intervenuto per bloccare il pagamento di un fantomatico riscatto per Silvia Romano, ambienti vicini al titolare del Viminale smentiscono seccamente. Le stesse fonti ribadiscono che chi di dovere è al lavoro per riportare Silvia in Italia, sana e salva, e non si parla di riscatto
Esattamente quello che abbiamo scritto noi. Il riscatto è stato chiesto assiema alla prova che la ragazza era viva, ma la porta è stata chiusa a qualunque trattativa.
m.a.a.