Franco Nofori
Mombasa, 21 novembre 2018
Il popolare attore americano George Clooney, idolo di molte giovani (ma anche meno giovani) signore, ha egregiamente interpretato, in molti dei suoi film, la parte dell’investigatore, ma questa volta ha deciso di uscire dalla finzione per cimentarsi nella realtà, dove il cattivo, di turno, da lui smascherato, è il generale James Hoth Mai, oggi in pensione, che per cinque anni, dal 2009 al 2014, è stato il comandante in capo del People’s liberation Army, le forze armate della più giovane e sventurata nazione africana: il Sud Sudan.
Stando alle investigazioni svolte dall’organizzazione The Sentry, di cui l’attore e uno dei fondatori, l’ingordo generale nei cinque anni in cui ricopriva l’alto incarico, avrebbe fatto man bassa dei fondi pubblici sud sudanesi per assicurare una vita da cresi alla consorte e ai suoi due pargoli, a Melbourne, nella civilissima Australia, ben lontani dagli orrori del loro paese d’origine dove fame e massacri costituiscono la quotidiana odissea di gran parte della popolazione.
I fatti in questione risalgono al 2016 quando la celebrità hollywoodiana, segnalò alle autorità di polizia australiane la sospetta appropriazione di fondi pubblici da parte del generale sud sudanese e il suo tentativo di riciclarli a Melbourne. Se ne parla oggi perché proprio in questi giorni l’AUSTRAC (Australia’s financial criminal intelligence agency) ha ottenuto dall’autorità giudiziaria il sequestro conservativo dei beni appartenenti alla famiglia di Hoth Mai che consistono in una lussuosa dimora a Melbourne, nel prestigioso quartiere di Narre Warren, pagata 1,5 milioni di dollari e due auto, un’Audi e una BMW, acquistate in contanti dal figlio ventiduenne e a lui intestate.
Ciò che più indigna la popolazione australiana è che la moglie e i due figli del generale, dopo aver ottenuto la residenza a Melbourne, si dichiaravano privi di occupazione – e quindi di reddito – vedendosi così riconoscere dal governo di Canberra, fin dall’anno 2006, un sussidio che ammonta in totale a ben 470 mila dollari, mentre, a spese del Paese ospitante vivevano in sfrenata agiatezza e in aperto spregio alle sofferenze dei concittadini nel loro Paese d’origine. Una manifestazione d’ingordigia davvero stupefacente.
The Sentry è una NGO nata per iniziativa di George Clooney e dell’attivista per i diritti umani John Prendergast, che si propone di denunciare gli episodi di corruzione e di massacri etnici che avvelenano il continente africano. Nel farlo, si avvale di un efficiente staff investigativo ed esperto in questioni finanziarie che, come metodologia di lavoro, segue la direzione che prende il denaro, una volta abbandonato il Paese d’origine. Il Sud Sudan, di cui l’oggi cinquantasettenne attore originario del Kentucky, aveva fortemente sostenuto il processo d’indipendenza, resta uno dei Paesi africani su cui si concentra maggiormente il monitoraggio della sua organizzazione, piuttosto delusa di come questa così auspicata indipendenza, sia tristemente sfociata in un regime che favorisce il malgoverno e i massacri.
L’ineffabile generale Mai era andato a Melbourne nel 2014 e vi aveva costituito una società intestata al figlio, sui cui conti bancari, erano cominciate a confluire corpose rimesse di denaro provenienti da varie compagnie africane. Fondi che com’è stato accertato dalla polizia federale australiana, non sono mai stati utilizzati per svolgere alcuna attività. Per prevenire l’azione di sequestro la famiglia Mai aveva messo in vendita la proprietà a Narre Warren per la somma di 1,9 milioni di dollari, ma la recente decisione dell’autorità giudiziaria, ha congelato ogni operazione in merito.
Al momento, il caso è ancora pendente, perché tramite il loro avvocato, la famiglia Mai si oppone al sequestro e assicura di poter dimostrare la legittima origine dei fondi utilizzati per le loro spese in Australia. Dimostrazione, questa, che appare alquanto improbabile, visto che mentre moglie e figli, per loro stessa ammissione, sono disoccupati e in quanto tali hanno addirittura ottenuto un pubblico sussidio, il Generale Hoth Mai, nei cinque anni di servizio percepiva uno stipendio annuo di 45 mila dollari. Somma strabiliante se messa a confronto con le condizioni di vita dei suoi concittadini, ma certamente inadeguata per costituire il patrimonio australiano che è stato accertato.
Franco Nofori
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