Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
Firenze, 20 novembre 2018
Affrontare un lungo, pericoloso e dispendioso viaggio verso l’Europa è diverso se il migrante è musulmano, cristiano o animista. Eppoi il luogo comune “rimandiamoli a casa loro” non può funzionare.
Lo spiegano Angelo Turco e Laye Camara, guineano, in questa intervista per Africa ExPress sul libro “Immaginari migratori” pubblicato da Franco Angeli editore. Ambedue geografi e docenti all’Università IULM, sono grandi conoscitori del continente africano e delle sue innumerevoli culture e tradizioni.
Perché un libro chiamato “Immaginari migratori” e per quale motivo gli africani vogliono venire in Europa?
Turco: In Europa dell’Africa si sa poco. “Immaginari migratori” è un lavoro per coloro che sono interessati all’Africa, non si accontentano di standard preconfezionati e sono aperti ad altra conoscenza. Prendiamo come esempio la comunità mandinga, un’etnia che vive in un territorio spalmato tra nove Nazioni africane vasto tra otto e dieci milioni di kmq (dieci volte l’Italia ndr).
Una comunità che ha ottocento anni di storia, di tradizioni culturali, di azione politica, di costruzione istituzionale. Quando ci troviamo davanti al concetto di comunità statuale, in Africa siamo davanti ad altri livelli comunitari ugualmente importanti come la comunità familiare e quella religiosa.
Quali sono le differenze tra i migranti africani delle comunità musulmane, cristiane e animiste?
Turco: L’appartenenza religiosa è importante. In alcune aree, come in Senegal, vige una forma di islam sufi basato sulla pratica della santità dove il contatto diretto non è Allah ma esiste un’intermediazione da parte di un santo, il “marabout” che appartiene a una congregazione.
Se ci troviamo davanti a un senegalese bisogna sapere qual è la sua congregazione. Il migrante non farà mai un viaggio senza l’autorizzazione del suo “marabout”. Viceversa farà ogni viaggio e sfiderà ogni pericolo, il deserto, il mare se il suo “marabout” gli darà la benedizione di Dio che gli viene attraverso il santo.
Come fanno i migranti africani a superare sfide e peripezie, i pericoli e le violenze che incontrano durante il viaggio verso l’Europa?
Turco: Davanti a domande tipo: come fanno a sfidare la morte? C’è qualcosa di più alto. La morte non è la fine ma l’ingresso diretto in paradiso perché stai seguendo la via indicata dal “marabout”. Ha la sua benedizione hai i suoi amuleti e tutto andrà al meglio. Se muore ha le porte del paradiso aperte. Tutto ciò è collegato alla vicenda che viene direttamente da Maometto (descritta molto bene dal collega Camara).
L’atto di nascita dell’islam è una migrazione. Maometto è costretto a fuggire dalla sua città e recarsi in un altro posto per poter praticare la sua fede e quindi dare nascita all’Islam, religione piena di simbolismo. Per coloro che partono la migrazione non è un fatto traumatico. È una missione che si può vedere sotto una prospettiva religiosa ma anche da un punto di vista molto importante quello familiare.
Per il migrante cristiano non c’è vincolo, né nel bene né nel male. Il prete e il missionario sono dei punti di riferimento, di aiuto e di consiglio per il viaggio. Queste figure non hanno una parte attiva.
Invece per il migrante animista le cose sono molto più complicate. In questo caso la comunità familiare funziona anche come istanza religiosa dove il mediatore fondamentale è l’antenato e in modo particolare l’antenato deceduto. Il vecchio, oltre che essere la figura riconosciuta come saggio, è la personalità familiare che più si avvicina temporalmente al mondo dei morti.
Quando il migrante ha la benedizione del vecchio ha ottenuto anche l’appoggio della famiglia. Senza questo sostegno il migrante non vale niente e alla famiglia deve rispondere. Se non gli diamo un’alternativa credibile, il luogo comune “rimandiamoli a casa loro” non funziona.
Quel ragazzo partito dall’Africa, dopo anni, fatica e sofferenze, a casa non ci torna nemmeno crocifisso. Ha alle spalle un’istanza comunitaria ed economico-finanziaria alla quale deve rispondere.
Sandro Pintus
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