Dal Nostro Corrispondente Sportivo
Costantino Muscau
Milano, 13 novembre 2018
Giocatori di razza vuole il Paris Saint- Germain (Psg).
Già, ma di quale razza? Una qualsiasi: basta che sia francese bianca. Basta che non sia quella che alligna nel Maghreb, o nelle Antille, o nell’Africa nera.
La settimana scorsa, la società del presidente qatariota Nasser Al-Khelaifi ha scritto nel suo glorioso libro di successi una pagina nera: è stata accusata di razzismo nel reclutare i giovani calciatori.
I titoli più ricorrenti nei giornali e nei siti web di mezzo mondo erano del tenore che segue: “Il Psg valutava i giovani talenti con criteri etnici”. “Il Psg ha schedato le nuove leve calcistiche in base al colore della pelle”. E la società ha ammesso, ma ha scaricato le colpe su una persona. “Noi non sapevamo niente. Il sistema è stato opera di scelte individuali, nascoste ai piani alti”. E ha puntato il dito sul responsabile della cosiddetta “cellula reclutamento”.
Così nella prima decade di novembre una delle squadre di calcio più note e ricche del mondo si è trovata di nuovo al centro di una bufera non solo mediatica. Prima era stata accusata di aver violato, assieme al Manchester United e al Monaco, il cosiddetto Fair play finanziario. Non avrebbe, cioè, rispettato la regola di spendere solo in misura congrua a quel che produce. Poi si è saputo che il club parigino, dove quest’anno gioca anche il portiere ex Juventus e nazionale azzurra, Gianluigi Buffon, verserebbe un bonus finanziario ai suoi giocatori solo per salutare e ringraziare il pubblico a fine partita!
A seguire questo terzo scandalo. Un’accusa di razzismo, che brucia ancor di più perché va a toccare un club che va fiero del suo impegno umanitario volto ad aiutare i giovani in difficoltà, a insegnare loro i valori dello sport e a inserirli nella società.
Il social profiling legato alla provenienza etnica, oltre che ignobile, in Francia è illegale. Per la legge francese, infatti, “raccogliere o utilizzare dati personali che direttamente, o indirettamente rivelino le origine etniche, o razziali, di una persona è un reato punibile con 5 anni di carcere e una sanzione pecuniaria di 300 mila euro”.
A far esplodere questi tre scandali sono state le rivelazioni di Football Leaks il sito web che svela il “lato oscuro” del mondo pallonaro. Esaminando attentamente gli ultimi documenti di Football Leaks, il sito giornalistico Mediapart e il programma televisivo “Inviato Speciale” di France 2, che fanno parte del consorzio di 15 testate internazionali impegnate nel giornalismo investigativo (noto con la sigla EIC), hanno scoperchiato un vaso di Pandora calcistico.
Così i due giornalisti Michael Hajdenberg e Martin Boudot hanno riassunto, in un lungo articolo pubblicato l’8 novembre, l’ultimo clamoroso caso: “Dal 2013 al 2018 il Psg ha schedato degli adolescenti secondo il loro colore della pelle. Il non reclutamento, a causa della sua “origine”, di un giovane giocatore nero nel 2014, ha suscitato uno scandalo all’interno del club. La direzione però è riuscita a nascondere l’affaire e tale politica è proseguita fino alla scorsa primavera. Yann Gboho è un brillante giocatore della nazionale giovanile francese. Sfortunatamente per lui, il suo nome è finito con l’essere associato a un vasto scandalo di discriminazione prima ancora che si facesse conoscere al grande pubblico per le sue qualità. Quando aveva 13 anni, e nonostante il suo talento, il Psg non gli ha offerto di entrare nella squadra. Perché era nero. E solamente perché era nero”.
Il ragazzo era stato segnalato due volte per le sue qualità da Serge Fournier, 73 anni, talent scout del Psg per la Normandia (il ragazzino giocava nel Rouen). “Nel 2013 gli avevo dato il voto 2+ e non il massimo, che è 1, perché proviene dalla Antille”, ha detto Fournier. Il quale sorvola sul fatto che Yann, in realtà, è nato in Costa d’Avorio, ma soprattutto sembra che operava una schedatura etnica. Due anni dopo Serge Fournier prepara una nuova scheda, si corregge e scrive “Africano”. “Ne ho compilato circa 700 di queste schede”, ha dichiarato ai due giornalisti “Il Psg non vuole che reclutiamo giocatori nati in Africa, perché non si è mai sicuri della loro data di nascita”. Il bubbone scoppia all’interno della società il 14 marzo 2014. Durante una riunione di sette dirigenti, al responsabile dell’area scouting, Marc Westerloppe, 58 anni, ex calciatore, viene chiesto come mai tardi a prendere una decisione su Gboho, pur di fronte alle qualità eccellenti del campioncino. Westerloppe risponde: “Lasciamo perdere questo argomento. C’è un problema sull’orientamento del club, occorre trovare un equilibrio sulla diversità, sulla mescolanza. A Parigi ci sono troppi delle Antille e Africani. E’ un peccato ritrovare gli stessi profili che abbiamo già. E’ una richiesta della Direzione”.
Apriti o cielo! Almeno tre dei presenti reagiscono duramente. Sono un allenatore della giovanile, Saad Ichalalene; il responsabile del centro di formazione, Bertand Reuzeau; il responsabile del reclutamento giovanile nell’Ile de France, Pierre Reineaud. Chiedono delucidazioni su che cosa intenda per la mescolanza, se non si debba pensare a premiare il talento invece che la razza….La frittata è fatta. Viene informata la società nella persona della responsabile delle risorse umane, Celine Peltier e del direttore generale, Jean-Claude Blanc. Nessun provvedimento, però, viene preso. Westerloppe convocato da Blanc assicura che si tratta di accuse “false, malevole e stupide”. A influire sul nulla di fatto, secondo gli autori dell’inchiesta, c’è anche una ragione di politica interna: il licenziamento di Marc Westerloppe avrebbe indebolito la poltrona del suo diretto superiore, il direttore sportivo della squadra, Olivier Letang, 46 anni, un passato da calciatore a Reims. Di fronte alle pressioni dei due giornalisti, il Psg alla fine decide di delegare a rispondere Malek Boutik , ex deputato socialista, ex presidente di SOS razzismo, da 15 anni incaricato di occuparsi proprio di razzismo nella fondazione del Psg,: “Per la direzione è stato come se il cielo fosse caduto loro addosso. Una pugnalata alla schiena. Si tratta di iniziative segrete di cui la direzione sapeva nulla”. E’ grosso modo, la risposta ufficiale della società calcistica rilasciata l’altro giorno con un lungo comunicato: “Il Paris Saint-Germain conferma quanto emerso, ribadendo di aver scoperto il sistema solo lo scorso ottobre. Non neghiamo l’esistenza di formulari con contenuti illegali, utilizzati fra il 2013 e il 2018 dalla cellula di reclutamento del centro di formazione dedicata ai territori fuori dall’Ile-de-France. Ribadiamo però la ferma condanna di ogni forma di discriminazione, razzismo o schedatura etnica. Appena informati all’inizio di ottobre, abbiamo lanciato un’inchiesta interna per comprendere come tali pratiche siano potute esistere e per decidere le misure da adottare”.
Un’inchiesta è stata aperta anche dalla Federazione calcistica transalpina; la Lega francese dei diritti umani ha denunciato il club super ricco per discriminazione razziale; la ministra dello Sport, Roxana Maracineanu, (è nata a Bucarest nel 1975) si è detta “costernata”. E Lilian Thuram, 46 anni, indimenticato difensore del Parma e della Juve, campione del mondo nel 1998 con quella squadra nazionale francese in maggioranza a pelle nera e ora impegnato contro il razzismo nello sport, ha commentato: “E’ surreale, pazzesco sapere che fino a quest’anno era in atto una politica discriminatoria”.
Fine della puntata? Eh no: fra i titoli di coda ce ne sono alcuni importanti. Al limite dell’assurdo.
Yann Gboho nel 2015 è entrato nel centro di formazione calcistico dello “Stade Rennais Football Club” di Rennes, in Bretagna. Nel 2016, a soli 17 anni, ha affrontato il PSG nella semifinale della Coppa di Francia, ha segnato e ha vinto. In finale si è ripetuto e l’ambito trofeo è andato al Rennes.
Nel 2017 altro colpo di scena: Olivier Letang a novembre diventa presidente del Rennes e sapete chi si prende, nel gennaio scorso, come braccio destro, responsabile del monitoraggio e dello sviluppo individuale dei giocatori? Il fidato luogotenente Marc Westerloppe!
Conclusione amara di una vicenda inqualificabile: “Yann Gboho si ritrova con l’uomo che non lo ha voluto per il colore della sua pelle e come grand patron quello che era alla direzione sportiva del PSG e che soprintendeva a questa politica di reclutamento”.
Costantino Muscau
muskost@gmail.com