Franco Nofori
Mombasa, 12 novembre 2018
L’Organizzazione Mondiale della Sanita (WHO) stima in 47 milioni, i nigeriani che liberano disinvoltamente le proprie viscere in pubblico, nel momento in cui tale bisogno si manifesta. Vale a dire che un quarto dell’intera popolazione del Paese sparge le proprie feci ovunque: nei cortili degli edifici residenziali, nelle stazioni di servizio, nei parcheggi auto, nei terminali degli aeroporti, lungo i percorsi pedonali, ai margini delle strade di grande comunicazione, nei parchi pubblici, nei corsi d’acqua, all’interno dei luoghi di culto, negli stadi, nelle vie cittadine e in ogni altro luogo in cui si trovino.
Oltre ad aver polverizzato il precedente primato del Ghana e aver quindi conquistato la leadership africana, in quanto a distribuzione di cacca nel suolo pubblico, la Nigeria mette anche a rischio il titolo della capolista mondiale, al momento detenuto dall’India, con l’aggravante che mentre il grande Paese asiatico registra un progressivo calo in questa riprovevole abitudine, la Nigeria conferma, invece, un costante incremento. Va inoltre precisato che, pur se con i suoi 892 milioni di persone che praticano l’ODF (Open Defecation Free) l’India supera in valori assoluti la Nigeria, quest’ultima mostra un’incidenza del 25 per cento sul totale degli abitanti, contro il solo 12 per cento dell’India.
Queste pratiche, che potrebbero solo suscitare battutine ironiche venate di un po’ di disgusto, sono invece una vera e propria calamità per i Paesi che ne sono afflitti. La Nigeria spende l’incredibile somma di oltre un miliardo di euro ogni anno per affrontare i problemi sanitari derivanti dalle infezioni contratte a seguito dell’inquinamento che l’abbondanza di feci umane causa nell’ambiente e malgrado questo costo spropositato, che grava sul bilancio nazionale, l’Unicef denuncia che oltre 122 mila persone, di cui 87 mila bambini, muoiono ogni anno proprio a causa delle carenze igienico-sanitarie che il paese non riesce a sconfiggere.
Una delle cause di queste morti, è da attribuire all’inefficiente gestione del problema da parte delle autorità competenti. E’ infatti comune assistere, per le strade di Lagos, a persone che vendono alimenti, dormono, mangiano e bevono accanto a maleodoranti feci umane. Manca un progetto educativo che agisca, non tanto su principi di decenza, verso i quali (come si vedrà più avanti) i cultori di questa pratica mostrano scarsa sensibilità, quanto sui pericoli di infettarsi, ammalarsi e anche morire. Le cause principali, però, di questa perturbante abitudine, risiedono nelle abitudini e nella filosofia di vita dei cittadini, secondo i quali, i naturali bisogni corporei, meritano di essere soddisfatti senza condizionamenti di carattere etico o di bon ton convenzionale.
E’ quindi un fatto di “cultura”, di credenze e anche di superstizione. E’ pur vero che povertà e scarsa educazione scolare, giocano su questo fenomeno un ruolo non secondario, così com’è vero che il governo l’ha lungamente sottovalutato non provvedendo un adeguato numero di toilette pubbliche, ma come ha rilevato un’indagine del quotidiano nigeriano Vanguard News, anche là dove si disponga di servizi igienici residenziali, l’attitudine a defecare all’aperto pare mantenersi irresistibile. Lo provano le dichiarazioni rilasciate da Emeka Agwueny, un cittadino di elevata cultura e condizione sociale, il quale ha candidamente confessato al Vanguard, che lui non se la sente di fare i suoi bisogni in una piccola stanza chiusa, così, ogni volta che ne ha l’occasione, li fa in uno spazio aperto. “E’ un senso di appagamento – ha detto Emeka – una conquista di libertà e di gioia”.
C’è poi anche, il dovere di rispettare le regole tradizionali, secondo cui “porta male, per un uomo, usare gli stessi servizi igienici che sono anche utilizzati da una donna ancora in età da poter procreare”. Difficile trovare un senso in questa proibizione, ma tutto ciò aiuta a capire come e perché in Nigeria si defechi ovunque si voglia, senza imbarazzo e senza vergogna. Del resto gli abitanti d’Europa, nelle loro rispettive città, stanno già facendo vasta esperienza dell’attitudine africana a liberare le proprie viscere all’aperto e pur trattandosi di un’abitudine che va certamente avversata, fa anche comprendere come non vi sia, nella sua esecuzione, alcun volontario intento oltraggioso verso il paese ospitante, ma solo la semplice continuazione di un’atavica pratica appresa in patria. Se quindi noi ci sorprendiamo di vederli nell’adempimento di queste funzioni, loro si sorprendono per la nostra sorpresa.
Il problema sanitario comunque rimane e vista la tendenza nigeriana a incrementare questa abitudine, tutti gli organismi internazionali; World Bank, Unicef e WHO, lanciano un pressante e continuo allarme che, fino ad ora, pare non aver riscosso l’attenzione che merita. Le feci umane, inquinano i corsi d’acqua, i quali, soprattutto nelle zone rurali, provvedono l’acqua da bere, mentre gli elementi patogeni, sviluppatesi nelle feci e diffuse da insetti o favorite da scarso rispetto di basilari norme igieniche, finiscono per infettare la popolazione, soprattutto i bambini, trasmettendo gravi patologie, quali: dissenteria, colera, tifo e tracoma.
Franco Nofori
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