“Basta con il francese, insegnate il Corano”, chiuse per paura alcune scuole in Mali

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Scuole chiuse in alcune zone del Mali

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 8 novembre 2018

Nella zona di Banamba, che dista solamente centoquaranta chilometri da Bamako, la capitale del Mali, sono state chiuse venti scuole in cinque villaggi. Oltre duemila alunni, almeno per ora, restano a casa.

Secondo quanto riportato da testimoni oculari, alcuni giorni fa un gruppo di jihadisti, in sella alle loro moto e armati fino ai denti, si sarebbero presentati nel villaggio di Toubakoro, spaventando a morte gli abitanti, obbligandoli a radunarsi nella moschea. Lì, senza mezzi termini, hanno imposto la chiusura di tutte le scuole nelle quale vengono impartite le lezioni in francese, e hanno chieste che, d’ora in poi, venisse insegnato solamente il corano, minacciando punizioni severe a chiunque avesse disobbedito ai loro ordini. Altri villaggi, come Dandougou, Balala e Ngounado, sono stati teatro della stessa scena.

Scuole chiuse in alcune zone del Mali

Tra la popolazione è scoppiato il panico. Questa zona rurale è poco distante dalla capitale, e i terroristi hanno raggiunto i centri senza problemi. Alcune fonti hanno rivelato che si tratta di miliziani appartenenti al gruppo Front de libération du Macina (FLM), fondato nel 2015 da Amadou Koufa (nome di battaglia Amadou Diallo), un predicatore estremista fulani. Nella primavera dello scorso anno l’FLM, insieme ad altri quattro formazioni terroriste, hanno dato il via alla fondazione del raggruppamento “Gruppo di sostegno dell’Islam e dei musulmani”, guidato da Iyad Ag-Ghali, vecchia figura indipendentista touareg, diventato capo jihadista e fondatore di Ansar Dine – in italiano: ausiliari della religione (islamica) – operativo per lo più nel nord del Mali.

Una fonte della sicurezza maliana ha fatto sapere di aver inviato alcune truppe per proteggere la popolazione. Un politico locale ha confermato la presenza di una cinquantina di soldati dell’esercito, ma ha sottolineato: “E’ vero, abbiamo visto una cinquantina di soldati nella zona, chissà per quanto tempo resteranno. Lo Stato deve assolutamente rafforzare la sua presenza in quest’area”.

Anche nella zona di Mopti, al centro della ex colonia francese, quattrocentosessantaquattro scuole sono rimaste chiuse per diverso tempo alla fine dell’anno scolastico per i continui attacchi di jihadisti e ciò mette in evidenza come nei conflitti siano sempre i più piccoli a pagare il prezzo più caro.

Attentato alla base di MINUSMA a Timbuctu, Mali

Il primo ministro del Paese, Soumeylou Boubeye Maïga, poco più di un mese fa aveva precisato: “Rinforzeremo la sicurezza per permettere ai piccoli maliani di andare a scuola”, ma a quanto pare i terroristi non si sono lasciati intimorire da queste dichiarazioni.

Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha rinnovato il 28 giugno 2018 (risoluzione 2423) il mandato della Missione multidimensionale integrata delle Nazioni Unite per la stabilizzazione nel Mali (MINUSMA) per un altro anno, con la presenza di 13 289 militari sul campo e 1920 forze di polizia. I membri del Consiglio hanno tuttavia chiesto al Segretario generale dell’ONU il massimo impegno affinchè venga applicato in toto e quanto prima il trattato di Pace e di Riconciliazione, firmato dalle parti nel 2015.

Malgrado tutte le forze in campo – oltre a MINUSMA, sono presenti anche le truppe francesi con la Missione Barkhane che comprende quattromila uomini in tutto il Sahel, millesettecento dei quali sono stanziati nel solo Mali) e il nuovo contingente tutto africano Force G5 Sahel, con sede a Bamako, gli attacchi dei jihadisti non si placano. Alla fine di ottobre sono stati uccisi due caschi blu burkinabè, altri cinque sono rimasti feriti durante un’aggressione contro MINUSMA nella regione di Timbuktu (nel nord del Paese).

In questi giorni è iniziata a Gao, nella parte settentrionale del Mali, la campagna di disarmo, smobilitazione e il reinserimento (DDR) di vecchi combattenti, facenti parte di battaglioni misti, firmatari del trattato di Pace e Riconciliazione del 2015. Ilad ag Mohammed, portavoce del gruppo armato Coordination des mouvements de l’Azawad (CMA), ha ammesso che malgrado il forte ritardo di ben tre anni, ci sono ancora parecchi problemi da risolvere.

L’obbiettivo di questo piano è di integrare milleseicento vecchi combattenti nelle Forze di difesa e sicurezza maliane, ma a tutt’oggi sono presenti solo la metà degli effettivi di quel battaglione. “Molti temono che il loro grado non venga accettato, è spesso difficile comunicare con loro e molti potrebbero restare così esclusi dal DDR” – ha precisato il portavoce di CMA.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes