Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 31 ottobre 2018
Il pastore americano Charles Wesco, missionario nel Nord-Ovest del Camerun, è stato ucciso ieri a Bambui, a poco più di dieci chilometri da Bamenda, capoluogo della provincia. E’ stato colpito alla tempia da una pallottola mentre si stava recando al mercato della città in macchina con il suo autista, la moglie, un altro missionario e uno dei figli, tutti cittadini statunitensi.
La vettura di Wesco si è trovata a passare in mezzo a un violento scambio a fuoco tra separatisti e militari camerunensi. Il missionario è stato subito portato nel più vicino ospedale, ma è morto poco dopo. Nessun altro degli occupanti del veicolo è stato ferito. Il quarantaquattrenne si era trasferito solo due settimane fa nella missione a Bambili con la moglie e i suoi otto figli. Il Dipartimento di Stato USA ha confermato la sua morte.
Stéphanie Wesco, moglie del missionario, ha scritto sul suo profilo facebook: “Il mio adorato marito è ormai con il Salvatore, che adorava e che ha servito fedelmente per molti anni”. Wesco era fratello di un politico dell’Indiana.
Secondo il ministro della Difesa di Yaoundé, Joseph Beti Assomo, il pastore è stato colpito dai separatisti “terroristi” mentre tentavano un attacco alla vicina università e il commissariato di Tubah. Nel suo comunicato il ministro ha precisato che le forze dell’ordine e di sicurezza avrebbero risposto all’aggressione, neutralizzando quattro insorti. Ferito anche un soldato. Sono stati sequestrati quattro fucili di calibro dodici. I separatisti attribuiscono la responsabilità della morte de Wesco ai militari, accusa postata sugli account dei social network.
Qualche giorno fa è stato ucciso a Bambui un professore dell’università di Bamenda e uno studente è stato ferito. I colleghi dell’insegnante sono convinti che il suo assassinio porti la firma degli insorti.
Secondo alcune fonti, ora ai secessionisti armati si sarebbero aggiunte bande di criminali che ricattano la popolazione e le imprese.
Yaoundé continua a rifiutare il dialogo con i ribelli, definiti “terroristi” e ha dispiegato un gran numero di truppe nelle province anglofone per ristabilire l’ordine e la sicurezza. Dall’inizio del conflitto hanno perso la vita almeno centosettantacinque militari, e, secondo le Organizzazioni non Governative, almeno quattrocento civili. Per fuggire alle violenze, oltre trecentomila persone hanno lasciato le loro case, cercando rifugio nelle foreste, nelle grandi città delle regioni vicine, o nella confinante Nigeria.
Durante le scorse elezioni presidenziali nelle zone angolfone l’affluenza è stata molto bassa: del cinque per cento nel Nord-Ovest e del quindici per cento nel Nord-Est. Malgrado ciò l’appena rieletto presidente Paul Biya, al potere dal 1982, ha ottentuto in entrambe le regioni oltre i due terzi delle preferenze. L’ottantacinquenne Biya è al suo settimo mandato, vincendo la tornata elettorale con il 71,28 per cento.
Il Camerun ha dieci regioni autonome, otto delle quali sono francofone. Solamente in due si parla l’inglese. All’inizio del ‘900 il Paese era una colonia tedesca. Dopo la prima guerra mondiale nel 1919, è stata divisa tra i francesi e gli inglesi, secondo il mandato della Lega delle Nazioni. La parte francese era molto più ampia e aveva come capitale Yaoundé, mentre quella inglese comprendeva la Nigeria e si estendeva fino al Lago Ciad, con capitale Lagos. Gli inglesi erano poco presenti in questa regione, perché la loro attenzione era concentrata sui territori dell’attuale Nigeria.
Con l’indipendenza, ottenuta nel 1961, le due sezioni inglesi e quelle francesi sono state riunite per formare un unico Stato, l’attuale Camerun, ma finora le parti hanno sempre mantenuto un alto grado di autonomia. Le proteste nelle regioni anglofone sono iniziate poco meno di due anni fa, quando gli insegnanti sono insorti contro l’introduzione della lingua francese nelle scuole.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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