Franco Nofori
Mombasa, 20 ottobre 2018
Fin dal 1992, quando l’allora presidente Daniel arap Moi fece stampare valuta in eccesso per sconfiggere gli avversari nella campagna elettorale, mai il Kenya aveva dovuto confrontarsi con una crisi finanziaria di tali proporzioni. A dare questo allarme non sono stati gli organismi finanziari internazionali, ma, insieme alla banca centrale del Paese, lo stesso capo dello staff presidenziale, Joseph Kinyua, secondo cui l’incombente e drammatico default economico è da attribuire ai miliardi di euro persi nelle attività gestite dai ministeri del territorio, della salute e delle opere pubbliche, dicasteri in cui la corruzione è dilagata fuori da ogni controllo.
Come prima misura per fronteggiare l’emergenza, il governo ha disposto il blocco di tutti i progetti di sviluppo, sia approvati, sia già in fase di esecuzione ma questa iniziativa sembra non bastare per evitare di cadere nel baratro. Le banche interne, con cui il governo è fortemente indebitato, hanno dato fondo alle proprie risorse, riaprendo, per alcune di loro, il rischio di bancarotta. Quest’asfissia finanziaria impedisce di fornire i tradizionali prodotti di supporto alle imprese e i mutui fondiari che potevano stimolare il mercato immobiliare, da diversi anni condannato all’immobilismo. Per giunta gli interessi bancari richiesti per la concessione del credito, quand’anche ottenuto, hanno raggiunto livelli insopportabili, generando una catena di aumenti che colpiscono soprattutto la classe medio-bassa.
I media locali, pur se intimiditi dalla poco velata tracotanza del governo che non gradisce le loro critiche, nel profilarsi di questa drammatica débâcle economica, trovano il coraggio di far sentire la propria voce. “La responsabilità di questa situazione – scrive il quotidiano online Kenya Today – è interamente a carico del presidente Uhuru Kenyatta, che ha dato vita al peggior governo che il Kenya abbia mai avuto fin dall’ottenimento dell’indipendenza. Uhuru ha il totale controllo di entrambe le camere del parlamento e ciò nonostante non riesce a esercitare un efficace monitoraggio sulle malefatte dei suoi dicasteri”. Sempre Secondo il Kenya Today, “Uhuru aveva ereditato dal suo predecessore Mwai Kibaki, un paese in ottimo stato di salute economica che lui è riuscito a trasformare in una totale disfatta”.
Causa questa situazione, molti investitori europei hanno già lasciato il Paese o sono in procinto di farlo, lasciando così campo aperto all’inserimento commerciale cinese che si fa sempre più ardito in tutto il continente africano, ma intanto la scuola, la sanità e molte delle pubbliche istituzioni, sono in ginocchio e prive dei necessari fondi per operare. I dipendenti della SGR, la nuova ferrovia a gestione cinese Nairobi-Mombasa, sono in sciopero perché non hanno ancora ricevuto i salari di settembre. Lo stesso vale per il corpo degli insegnanti della suola pubblica e le amministrazioni di contea che da qualche tempo non stanno ricevendo i fondi governativi, nella misura necessaria per operare.
La classe dirigente del Kenya, non era certo immune alla corruzione ancor prima dell’arrivo del partner cinese, ma l’imponente valore dei progetti realizzati con Pechino, ha dato un indiscutibile impulso a questa tendenza. A differenza di quanto si possa pensare, i progetti cinesi, sottoscritti dal governo del Kenya, non sono certo a buon prezzo, anzi, espongono costi largamente superiori a quelli standard, perché devono comprendere le illecite e sontuose prebende che i funzionari dei dicasteri interessati, richiedono per dare il loro assenso alla realizzazione dei vari progetti.
Secondo molti osservatori, l’anima nera di questo governo, sarebbe rappresentata dal vice presidente William Ruto, da molti ritenuto l’uomo politico più corrotto del Kenya. Dotato di molta intraprendenza e di un’eccezionale dialettica, influenzerebbe Uhuru verso scelte dissennate, tutto teso a compiacere quegli alti funzionari pubblici e politici che potrebbero costituire il coacervo di consensi necessari al suo insediamento nella più alta carica del palazzo alla scadenza dell’attuale mandato nel 2022
Il Fondo Monetario Internazionale (IMF) ha già minacciato la sospensione di ogni ulteriore aiuto al Kenya, finché l’insaziabile ingordigia della sua classe politica non sarà del tutto debellata per approdare finalmente a un’efficiente e onesta gestione della cosa pubblica, il cui unico obiettivo sia l’effettivo miglioramento delle condizioni di vita delle sue genti. Un sogno, certo, ma qualche volta anche i sogni possono avverarsi.
Franco Nofori
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