Franco Nofori
Mombasa, 18 ottobre 2018
Il dato emerge da rapporto del Pew Research Centre – un organismo indipendente con sede a Washington (USA) – che ha svolto un sondaggio in quattordici paesi, ritenuti particolarmente espressivi della realtà internazionale. Da questo sondaggio risulterebbe che la maggiore preoccupazione dei keniani si concentra, con un secco 81 per cento, sulle gravi carenze del sistema sanitario nazionale. Stando a quanto dichiarato dai cittadini, questo dato, è il peggiore riscontrato tra i quattordici paesi oggetto del sondaggio. Al secondo posto, in ambito nazionale, si assesta l’insoddisfazione per la cattiva qualità del sistema scolare (76%), che pone il Kenya al terzo posto (in quanto a inefficienza) dopo Tunisia e Sudafrica.
I keniani, si sentono inoltre vessati – nell’ordine – dalla mancata libertà d’espressione (73%) e dalla brutalità della polizia (68%), attestandosi, rispettivamente, al primo e al terzo posto della classifica tra i paesi oggetto del sondaggio. Per quanto concerne il comportamento dei tutori dell’ordine, il Kenya è preceduto, in quanto a insoddisfazione, da Filippine e Sudafrica. Rilevanti appaiono anche le lamentele espresse nei confronti della povertà (73%) e della corruzione dell’apparato pubblico (68%). Appare tuttavia evidente che i cittadini intervistati hanno dato voce a quanto da loro percepito, senza poterlo rapportare alle situazioni presenti in altri paesi.
A sorpresa, nel sondaggio dell’istituto statunitense, compare anche l’Italia, dove il 46 per cento dei cittadini pone al primo posto della propria insoddisfazione, il sistema sanitario nazionale, seguito da un 41 per cento di chi ritiene che nel Paese di Dante, non vi sia sufficiente libertà d’espressione. Occorre però rilevare che, tra i quattordici Paesi in esame, sia per quanto attiene il sistema sanitario, sia per la libertà d’espressione, l’Italia si piazza comunque nella migliore posizione, preceduta solo all’Ungheria. E’ del resto noto che, in quanto a prestazioni sanitarie, l’Italia soffre di gravi sperequazioni geografiche, presentando vere e proprie eccellenze nelle regioni settentrionali e aree di profonde inefficienze in quelle centro meridionali.
Tornando al Kenya, un’apprezzabile prestazione sanitaria (ma a costi proibitivi per la gran parte della popolazione) si può trovare nelle strutture ospedaliere private di Nairobi e Mombasa, mentre negli ospedali pubblici, regna l’incompetenza e la corruzione; i pazienti sono spesso costretti a pagare sottobanco per ricevere i più elementari servizi: letti, materassi, farmaci. In alcune cliniche per la maternità dei centri minori, non raramente le gestanti sono costrette a partorire sul nudo pavimento nell’assoluta mancanza delle più elementari norme igieniche.
Infine, nei casi d’emergenza, quand’anche il paziente sia in immediato pericolo di vita, le strutture private rifiutano di ammetterlo se non contro il contestuale versamento di un congruo deposito. Se quindi il fatto avviene in un giorno festivo, anche chi ha sufficiente disponibilità economica, ma non può accedervi per la chiusura delle banche, rischia di morire nell’indifferenza dei discepoli di Ippocrate e non solo; se all’atto della dimissione, il paziente non ha l’immediata possibilità di saldare l’eventuale residuo, sarà letteralmente sequestrato dalla struttura sanitaria che lo renderà libero solo quando tale pagamento sarà effettuato. Inutile rivolgersi alla polizia che giudicherà la scelta dell’ospedale assolutamente legittima. Naturalmente i giorni di permanenza forzata saranno aggiunti al conto complessivo.
L’unica soluzione, per evitare sgradevoli sorprese, è quella di stipulare una buona polizza assicurativa, la quale, però, escluderà dalla copertura ogni eventuale patologia in atto o già sofferta dall’interessato (forme tumorali, insufficienza cardiaca e altre malattie ad andamento cronico).
Franco Nofori
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