Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 18 ottobre 2018
Dimostrazioni e proteste degli ultimi giorni nell’arcipelago delle Comore sono sfociati in violenti scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. A Mutsamudu, capoluogo dell’isola di Anjouan, tre persone sono morte durante i tafferugli di martedì scorso tra le forze dell’ordine e militanti armati di vari partiti e movimenti politici, oppositori del regime di Azali Assoumani, presidente del Paese.
Il gabinetto del ministero della Difesa, in un comunicato del 17 ottobre ha fatto sapere che la situazione di Anjouan è ora sotto controllo e ringrazia la popolazione per la collaborazione. Secondo il documento “i criminali” che hanno partecipato ai tumulti sono stati identificati e saranno rinviati a giudizio.
Ma solo alcuni militanti hanno consegnato i loro fucili alle forze dell’ordine, molti civili armati che si oppongono al regime, sono tutt’ora trincerati nel quartiere Medina di Mutsamudu. La loro resa sembra però questione di tempo: il borgo è senza corrente elettrica, acqua e viveri e i mercati sono rimasti chiusi anche oggi.
Già durante la notte tra domenica e lunedì gruppi di manifestanti hanno eretto barricate al centro di Mutsamudu, considerato il feudo dell’opposizione. Secondo Ibrahima Mhouamadi Sidi, ministro degli Interni, uomini armati sarebbero giunti a Anjouan su alcune imbarcazioni dall’isola francese Mayotte, per dar man forte agli insorti. Dopo una prima giornata di tensioni e contestazioni, le autorità hanno imposto il coprifuoco sull’isola.
Martedì mattina presto si sono sentiti nuovamente spari nel centro cittadino. Il governo accusa il partito JUWA – il cui segretario generale ed ex presidente delle Comore (2006-2011), Ahmed Abdallah Sambi, è attualmente agli arresti domiciliari – e lo ritiene responsabile delle sommosse.
Il clima politico nello Stato insulare è visibilmente peggiorato dopo il referendum costituzionale, grazie al quale l’attuale presidente e ex golpista può ripresentarsi per un secondo mandato consecutivo. La consultazione popolare è stato approvata con il 92,74 per cento e il “sì” è destinato a dare ampi poteri al presidente. Infatti ora Assoumani ha fatto sapere di voler anticipare le presidenziali al 2019, azzerando in questo modo i contatori elettorali e, in caso di vittoria, potrebbe restare sulla poltrona fino al 2029. L’opposizione aveva chiesto ai cittadini di boicottare il referendum, da allora molti membri e simpatizzanti dei partiti non al governo, sono stati arrestati, con l’accusa di cospirazione contro il regime.
Anche l’Unione Africana ha espresso grande preoccupazione per i fatti accaduti ad Anjouan e il presidente della Commissione, Moussa Faki Mahamat, ha chiesto alle parti di riprendere i colloqui di pace – iniziati il 14 settembre grazie alla mediazione dell’UA – ma interrotti il 2 ottobre. “Prima di tutto l’interesse del Paese, è necessario mettere in disparte tutte le incomprensioni”, ha ricordato il presidente della Commissione ai politici comoriani.
Il leader dell’opposizione, Mohamed Ali Soilihi, in un comunicato, ha chiesto aiuto alla comunità internazionale per risolvere l’attuale crisi in atto.
L’Unione delle Comore è formata da tre isole – Grande Comore, Moheli e Anjouan – ex colonie francesi che hanno ottenuto l’indipendenza nel 1975, mentre la popolazione di Mayotte, che dista solo sessanta chilometri da Anjouan, in due referendum ha votato contro l’indipendenza. I giovani comoriani sono attratti come da una calamita da Mayotte, da quel fazzoletto di terra francese in mezzo all’Oceano Indiano, diventato il 101º dipartimento francese nel 2011. Facendo parte dell’Unione Europea, la valuta ufficiale dell’isola è l’euro.
Da tempo i rapporti tra Parigi e lo Stato insulare sono tesi: il governo delle Comore dal 21 marzo non riamette più i suoi cittadini scappati a Mayotte. Migranti che la Francia vorrebbe, invece, deportare subito. Da alcuni anni la legislazione d’Oltralpe sull’immigrazione permette il rimpatrio immediato, senza dover ricorrere alla sentenza di un giudice.
Inoltre, la gente che fugge verso Mayotte è in continuo aumento. Quasi giornalmente giovani comoriani cercano di attraversare il breve tratto di mare che li separa dalla Francia con i kwassa kwassa, tradizionali imbarcazioni da pesca, il cui nome probabilmente è stato mediato da quello di una danza congolese (kwassa, appunto) a sua volta proveniente dal francese quoi ça? (Che cos’è questo?). Come il ballo, le barche “oscillano” pericolosamente. Dal 1995 ad oggi hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere Mayotte oltre cinquantamila comoriani. Un tragico bilancio di vite umane del quale si parla poco o nulla in Occidente.
A Parigi il Quai d’Orsay ha disposto il 4 maggio, e fino a nuovo ordine, la sospensione dei visti d’ingresso per la Francia a tutti i comoriani. L’annuncio di tale drastica misura è stato fatto da Jean-Yves Le Drian, il capo della diplomazia francese, davanti all’Assemblea nazionale. Le Drian ha precisato laconicamente: “In considerazione del blocco delle riammissioni e il continuo flusso di migranti verso Mayotte, siamo stati costretti a congelare temporaneamente i visti per i comoriani”.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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