Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 16 ottobre 2018
Desta grande preoccupazione la decima epidemia di ebola che ha colpito le province del Nord Kivu e Ituri nella Repubblica Democratica del Congo.
Il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha convocato una riunione del comitato d’emergenza per domani, a Ginevra, per fare il punto della situazione, visto l’aumento dei contagi che si sono verificati nell’ultima settimana. Dall’8 al 14 ottobre si sono ammalate ben trentatré persone di febbre emorragica, e, secondo i dati a disposizione, ventiquattro di essi sarebbero già morte.
Dal 1° agosto ad oggi la situazione nel Congo-K è la seguente:
Persone contagiate: duecentoundici (179 casi confermati, 35 probabili, 25 sospetti)
Decessi: centotrentanove
Sopravvissuti: cinquantacinque
Secondo le autorità congolesi, l’epicentro del virus è Beni, centro abitato nel Nord-Kivu, teatro di attacchi mortali da parte del gruppo armato Alliance of Democratic Forces (organizzazione islamista terrorista ugandese, operativo anche nel Congo-K dal 1995). Oly Ilunga, ministro della Sanità congolese, ha fatto sapere che lo stato attuale è principalmente causato dall’insicurezza, la scarsa collaborazione dei guaritori tradizionali e la limitata risposta delle comunità locali nel voler affrontare la crisi. Il ministro ha sottolineato che è stato persino contagiato un membro dello staff della missione ONU, la MINUSCA.
Finora sono state vaccinate oltre sedicimila residenti, ma le attività per contrastare il mortale virus proseguono a rilento proprio per lo stato di insicurezza nella zona di Beni. Gli operatori sanitari sono limitati nei loro spostamenti perchè ormai il territorio è considerato come “zona di guerra”.
Tarik Jasarevic, portavoce dell’OMS di Ginevra, ha precisato che le violenze hanno una grave conseguenza sui civili e gli operatori sanitari. Recentemente ben diciannove di loro sono stati contagiati non negli ospedali, bensì sul territorio e ciò significa che il virus avviene all’interno delle comunità.
Per far fronte alle violenze, Kinshasa ha promesso lo spiegamento di truppe dell’esercito per proteggere il personale sanitario e per far rispettare le misure di prevenzione: molte persone scappano nelle foreste per evitare l’immunizzazione, i controlli sanitari o le cure contro la febbre emorragica. La popolazione è terrorizzata e ciò rende estremamente complesso e difficile l’attività delle Organizzazioni umanitarie sul campo.
Malgrado l’emergenza in atto, l’ottanta per cento dei bambini hanno fatto ritorno a scuola nelle zone a rischio (Beni e Mabalako). Gianfranco Rotigliano, rappresentante dell’UNICEF nella ex colonia belga, ha sottolineato che tutti i bimbi hanno diritto all’istruzione e ha precisato: “Cerchiamo di dare una risposta all’ebola mettendo in sicurezza le scuole e insegnando ai piccoli a proteggersi contro questa temibile malattia”.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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