Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 5 ottobre 2018
Non si arrestano gli attacchi dei terroristi nel Sahel, in particolare nel Mali, dove lo scorso fine settimana presunti jihadisti hanno teso un’imboscata ad un pullman scortato da militari maliani. Secondo fonti della sicurezza, almeno una ventina di uomini armati, in sella alle loro moto, hanno assalito l’autobus, diretto da Gossi (regione di Tumbuktu) verso Hombori (regione di Mopti), e la scorta, uccidendo un militare e ferendo diversi civili. Secondo alcuni testimoni oculari, gli assalitori portavono un turbante.
Ad Amalaoulaou, nel nord-est, al confine con il Niger, sono stati ammazzati brutalmente ben venticinque civili touareg. Altri cinque sono rimasti feriti da un gruppo di uomini armati.
Nei giorni precedenti, invece un gruppo di uomini di etnia fulani, hanno fatto irruzione in villaggio tuareg nei pressi di Menaka, sempre nel nord-est della ex colonia francese e, secondo fonti del ministero per la Sicurezza, hanno ucciso ventisette civili. Gli scontri inter-etnici tra tuareg e fulani sono all’ordine del giorno, soprattutto nel Nord del Mali.
La situazione si fa sempre più incandescente, malgrado le promesse di Ibrahim Boubacar Keita, rieletto presidente del Mali, secondo cui la questione “sicurezza” è la sua assoluta priorità. Vista l’attuale situazione, la Francia ha inviato centoventi paracadutisti in rinforzo all’Operazione francese Barkhane.
Barkhane è operativa dal 1° agosto 2014. Con base a N’Djamena, la capitale del Ciad, conta attualmente circa quattromilacinquecento militari. In Mali sono stanziati millesettecento uomini, per lo più a Gao. Altri si trovano a Kidal e a Tessalit, nel nord-est del Paese.
Lo scorso giugno anche i primi soldati britannici, con tre elicotteri da trasporto pesanti Chinooks, hanno raggiunto il contingente francese. In base ad accordi presi dal presidente Emmanuel Macron e dal premier Theresa May, all’inizio di quest’anno, il personale militare del Regno Unito non sarà coinvolto in operazioni di combattimento.
Anche in Burkina Faso, in particolare al confine con Niger e Mali, le attività dei terroristi si susseguono. Mercoledì sera è stata attaccata la stazione di polizia a Inata, nella provincia di Soum; i presunti miliziani, giunti sul posto con due automobili e alcune moto, hanno ucciso un poliziotto e ferito un altro. Anche i danni materiali procurati dai terroristi sono stati piuttosto importanti: hanno bruciato parecchie macchine della miniera d’oro di Inata e saccheggiato i dormitori dei minatori. Le autorità hanno chiesto immediatamente aiuto ai militari di Barkhane. Dopo un volo di ricognizione con un drone, che aveva individuato una colonna di una quindicina di moto diretta a nord, due caccia bombardieri Mirage, decollati dalla base francese di Niamey, hanno effettuato un raid aereo nella zona. Non è ancora dato sapere il risultato di questa operazione.
Ieri mattina altri sette soldati burkinabè sono morti mentre si recavano Foutouri, nel nord del Paese, al confine con il Niger, dove truppe delle forze armate della ex colonia francese sono impegnate da diversi mesi in azioni antiterroriste. Durante il tragitto il veicolo dei militari è esploso a causa di una mina artigianale.
Dal 2015 ad oggi hanno perso la vita oltre centoventi persone tra civili e militari. Sabato scorso l’opposizione aveva organizzato una manifestazione nella capitale Ouagadougou per protestare contro l’incapacità del governo di intervenire in modo mirato contro la crescente ondata di terrorismo.
Nel 2012 oltre la metà del nord del Mali era sotto il controllo dei gruppi jihadisti. Solo con l’arrivo nel 2013 del contingente internazionale della missione MINUSMA, in gran parte dell’aerea è stata ristabilita l’autorità del governo. Diverse zone sfuggono ancora al controllo delle truppe maliane e internazionali, malgrado sia stato firmato nel giugno 2015 il “Trattato per la pace e la riconciliazione nel Mali”.
Per contrastare e combattere i terroristi nel Sahel, recentemente è stato creato un nuovo contingente tutto africano dal raggruppamento di Stati G5 Sahel, che comprende Mali, Niger, Burkina Faso, Mauritania e Ciad. Il nuovo corpo di sicurezza, Force conjointe du G5 Sahel (FC-G5S), è stato approvato all’unanimità con risoluzione (la numero 2359) dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU il 21 giugno 2017. Il quartiere generale dell’ FC-G5S a Sévaré, nel centro del Mali, è stato parzialmente distrutto il 29 giugno 2018 in un attentato jihadista, durante il quale hanno perso la vita cinque persone, tra loro due soldati maliani e i due kamikaze. Il raggruppamento terrorista “Gruppo di sostegno dell’Islam e dei musulmani” capeggiato da Iyad Ag-Ghali, vecchia figura indipendentista touareg, diventato capo jihadista e fondatore di Ansar Dine – in italiano: ausiliari della religione (islamica) – aveva rivendicato l’atto terroristico.
Per meglio coordinare le operazioni, il comandante del FC-G5S, Hanane Ould Sidi, burkinabè, ha dato ordine che il nuovo quartiere generale sarà a Bamako, la capitale del Mali. Il contingente africano, che, una volta completamente attivo, dovrebbe comprendere cinquemila uomini, stenta a decollare. Mancano ancora fondi per arrivare alla cifra prevista di 423 milioni di dollari. Finora l’UE ha stanziato cento milioni di euro, cinquanta milioni di dollari sono stati messi a disposizione dagli Stati che costituiscono il G5 Sahel, ossia un contributo di dieci milioni di euro per ciascun Paese. Dal canto suo la Francia partecipa con settanta vetture tattiche, materiale per le trasmissioni e protettivo, per un valore di otto milioni di euro. L’Arabia Saudita ha promesso cento milioni di dollari, mentre gli USA sosteranno il contingente con sessanta milioni di dollari.
Ma durante una conferenza stampa congiunta di Florence Parly, ministro della Difesa francese e il suo omologo statunitense, Jim Mattis, in visita a Parigi il 2 ottobre, è stato reso noto che l’iniziale contributo statunitense promesso di sessanta milioni di dollari sarà aumentato in modo significativo.
Una vera e propria svolta, perchè inizialmente gli USA non avevano accolto con grande entusiasmo questa nuova formazione militare tutta africana. E’ possibile che il nuovo corso sia dettato dal fatto che Washington sta considerando di ritirare la maggior parte delle truppe americane dal Niger dove, un anno fa, hanno perso la vita quattro soldati americani insieme ad altri quattro militari nigerini, nel corso di un’imboscata rivendicata dallo Stato Islamico.
Cornelia I. Toelgyes
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