Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 26 settembre 2018
La campagna di vaccinazione contro l’ebola, per bloccare la decima epidemia che ha colpito la Repubblica Democratica del Congo dall’inizio di agosto, continua. Finora sono state immunizzate oltre 11.400 persone, mentre quaranta malati sono guariti. Sembrano ottimi risultati, ma Peter Salama, direttore esecutivo del programma per la gestione delle situazioni d’emergenza dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha sottolineato le forti preoccupazioni, dovute in particolare alla presenza di gruppi armati nella zona, l’ostruzionismo di alcune comunità e lo spostamento continuo della popolazione causata dei conflitti in atto. Tutti fattori che rendono particolarmente complessa la gestione dell’epidemia.
Finora il virus maledetto ha causato la morte di almeno cento persone, altre centoquarantanove (centodiciotto casi confermati, altri trentuno probabili) sono state colpite dalla febbre emorragica nelle province nord orientali del Nord Kivu e Ituri.
Durante lo scorso fine settimane un sanguinoso attacco, attribuito dal governatore della provincia del Nord Kivu, Julien Paluku, a miliziani di Alliance of Democratic Forces (un gruppo islamista terrorista ugandese, operativo anche nel Congo-K dal 1995), sono morte ben ventun persone – diciasette civili e quattro militari nel circondario di Beni, un grande centro abitato della zona.
Un gruppo di uomini armati ha assalito anche la città di Oïcha. I miliziani hanno bruciate case, ucciso un uomo e sequestrato una donna e quattordici bambini. La procura militare ha aperto un’inchiesta. Laggiù nei giorni precedenti alla tragedia erano stato segnalati alcuni casi di ebola.
Nei giorni seguenti all’attacco, le ONG attive nella lotta contro l’ebola a Beni e d’intorni, hanno sospeso momentaneamente le loro attività; mentre scuole e negozi sono rimasti chiusi in segno protesta. I centri specializzati di Mangina e Butembo, distanti tra trenta e quaranta chilometri da Beni e gestiti da Medici senza Frontiere, sono rimasti regolarmente aperti.
Secondo l’UNICEF, centocinquantacinque bambini sono rimasti orfani o sono stati separati dai proprio genitori in seguito all’epidemia. Christophe Boulierac, portavoce di UNICEF, ha sottolineato durante una conferenza stampa a Ginevra, che i piccoli rischiano di rimanere stigmatizzati e dunque isolati in seguito alla perdita di uno o entrambi i genitori o perchè i loro cari si trovano attualmente in quarantena in uno dei centri specializzati.
E nel frattempo ebola ha già raggiunto aree al confine con l’Uganda. Una donna è morta la scorsa settimana a Tchomia (Ituri), sul Lago Alberto: aveva partecipato ad un funerale a Beni e rifiutato la vaccinazione. Un nuovo caso è stato segnalato alle autorità in questi giorni.
OMS ha fatto sapere che molte persone scappano nelle foreste per evitare l’immunizzazione, controlli sanitari o cure contro la febbre emorragica. La popolazione è terrorizzata e ciò rende estremamente complesso e difficile l’attività delle Organizzazioni umanitarie sul campo.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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