Franco Nofori
Mombasa, 23 settembre 2018
I cinesi in Africa, non si accontentano di acquisire sontuosi contratti per la realizzazione d’infrastrutture che ingigantiscono il debito pubblico dello sventurato continente, ma dilagano anche nella micro-imprenditoria locale, verso la quale attuano una spietata concorrenza. L’ultima di queste iniziative, però, è davvero strabiliante: funzionari del dipartimento immigrazione di Nairobi, hanno scoperto, giorni fa, una vera e propria casa di tolleranza clandestina a conduzione cinese, situata in un bungalow nel quartiere South C della capitale keniana.
La prostituzione, in Kenya, è formalmente giudicata illegale, ma ampiamente tollerata, se non spesso addirittura favorita da alcuni membri delle forze dell’ordine che ne traggono vantaggio pecuniario grazie al sodalizio con le “lucciole” che lo praticano. Le giovani africane che si dedicano all’antico mestiere sono un vero esercito, al punto da far ritenere la prostituzione – sia femminile, sia maschile – come l’attività che determina uno dei più alti input finanziari nel settore “servizi” dell’intera nazione. Nessuno poteva quindi aspettarsi che, in presenza di una così capillare offerta, potessero scendere in campo anche i cinesi a contenderne l’esercizio.
Sono dodici i cinesi arrestati a seguito della scoperta, otto donne e quattro uomini, che sono stati incriminati e quindi espulsi dal paese. Singolarmente, la reazione del pubblico, non si è tanto espressa nei confronti di un’attività proibita dalla legge, ma si è invece riferita alla recente decisione del ministro degli Interni, Fred Matiang’i, che stabiliva non fosse consentito rilasciare permessi di lavoro a stranieri, per “funzioni che potevano essere svolte da cittadini keniani”. In questo caso, appunto, le venditrici di sesso locali.
Il quartiere South C, in cui si svolgeva l’attività in questione, non è certo un quartiere lussuoso, a confronto di Muthaiga, Westland, Karen e Lavington. Ciò significa che l’offerta sessuale delle giovani cinesi, intendeva rivolgersi proprio alla clientela locale, puntando probabilmente sulla qualità esotica dell’offerta. La prostituzione in Kenya, si svolge attraverso una competizione feroce, recentemente aggravata dal drastico calo delle presenze turistiche, presenze che fornivano un inesauribile serbatoio di utenza. E’ quindi comprensibile come la nuova competizione cinese sia risultata oltremodo sgradita alle operatrici locali.
Ma il senso di totale possesso del continente africano da parte cinese, non si esprime solo attraverso gli appalti e la competizione con le attività locali, giunge anche a comportamenti di vera e tracotante arroganza, come dimostra l’episodio che mostra il video qui sotto, girato in Uganda, dove un gruppo di cinesi che stava eseguendo illegalmente ricerche minerarie, si è lanciato contro i funzionari di contea che gli contestavano l’arbitrio, aggredendoli fisicamente. Gli assalitori venivano con fatica ridotti all’impotenza e quindi arrestati.
L’episodio si è svolto nella contea ugandese di Wakiso dove il gruppo investigativo, guidato dallo stesso governatore, Matia Lwanga Bwanika, si trovava a dover fronteggiare la violenta reazione dei cinesi che cercavano anche – dopo il confronto fisico da loro stessi provocato – di opporsi tenacemente alle manette. Stupefacente resta il fatto che, poco dopo l’arresto, i rabbiosi figli del dragone asiatico, siano stati rilasciati senza alcun addebito, confermando così, l’imbelle atteggiamento di acquiescenza che l’Africa istituzionale mostra nei confronti della tracotanza dei nuovi dominatori asiatici.
Franco Nofori
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