Franco Nofori
Mombasa, 20 settembre 2018
Il precedente rapporto di Amnesty International sul Sud Sudan risale a poco più di quindici giorni fa e già riportava dettagli sulle atrocità commesse nei confronti di civili inermi, da parte delle forze armate fedeli al presidente Salva Kiir, ma l’orrore di questa interminabile mattanza sembra tutt’altro che destinato a estinguersi, anzi, divampa con sempre maggiore recrudescenza, sia ad opera delle truppe regolari, sia da parte delle milizie fedeli a Riek Machar, ex vice-presidente di Salva Kiir e oggi suo acerrimo oppositore.
Oggi un nuovo rapporto di Amnesty International porta ulteriori notizie sulla disumana ferocia che gli sgherri dei due contendenti mettono in atto contro la popolazione civile, benché le quasi quotidiane proclamazioni del governo in carica, parlano ipocritamente di incontri e di tentativi per portare la pace in questa terra martoriata dall’indigenza e dalla persecuzione.
Gli stupri, attuati con brutale disinvoltura, anche nei confronti di bambine che non hanno ancora raggiunto l’età puberale, sembrano ormai rappresentare il crimine di minor rilevanza, nell’orripilante scenario di crudeltà dei bravacci armati che invadono i villaggi come un castigo biblico. Uomini, donne e bambini, sono rinchiusi nei propri tradizionali tukul di paglia e fango, che vengono quindi incendiati. Gli occupanti bruciano vivi come torce umane. I bimbi anche di tre quattro anni, vengono impiccati agli alberi e lasciati oscillare di fronte ai propri familiari finché non vengono graziati dalla morte.
Sembra incredibile che in mondo lanciato verso una sempre più sofisticata tecnologia, vi siano ancora angoli di mondo, in cui la spietatezza umana ricalca le deprecabili gesta e la ferocia della più oscura epoca medievale. Eppure quello stesso mondo aveva gioito quando il Sudan meridionale era stato sottratto alle persecuzioni dell’etnia araba del nord guidata dal dittatore Al Bashir, poi ricercato dal tribunale Internazionale per crimini contro l’umanità. Eppure il Sud Sudan era giunto all’indipendenza nel 2011 grazie a un referendum popolare che esprimeva ben il 98 per cento dei consensi a favore dell’attuale presidenza di Salva Kiir, il quale, solo due anni dopo, riportava il proprio paese in un’atmosfera di terrore, uguale, se non peggiore, di quella subita dalla vecchia dominazione araba.
L’ultimo rapporto di Amnesty, contiene riscontri del tutto agghiaccianti. Una madre, che cercava di mettersi in salvo con il figlioletto di pochi mesi di vita, veniva uccisa con una sventagliata di mitra e il piccolo, rimasto miracolosamente illeso, veniva più volte sbattuto contro un albero fino a che il suo piccolo cranio si frantumava. “Per impedire che i bambini crescano e si uniscano ai ribelli”, sono le macabre giustificazioni per queste atrocità. Le persecuzioni maggiori si concentrano nelle contee di Mayendit e Leer, ritenute da parte delle forze regolari, quelle più fedeli all’opposizione. Ma anche questa giustificazione non regge alla prova dei fatti visto che la ferocia degli assalitori si compie sgozzando pubblicamente anche ultra novantenni i quali non possono certo rappresentare un pericolo bellico nei loro confronti.
Nel villaggio di Thonyoor, i soldati hanno rastrellato un folto numero di bambini, alcuni di soli due o tre anni, li hanno rinchiusi in un tukul che quindi hanno dato alle fiamme. Quei pochi che sono riesciti a fuggire, sono stati inseguiti con vicoli che li hanno travolti e uccisi. Una bambina di soli tredici anni è stata violentata dai componenti di un plotone di soldati che l’hanno tenuta a loro disposizione per un’intera settimana. Per sperimentare ogni sorta di perfidia, gli assalitori si compiacciono, a volte, di lasciare in vita le loro vittime, dopo averle evirate, mutilate in altre parti del corpo o accecate.
Può il mondo restare indifferente di fronte a questo raccapricciante scenario? Ahimè, a parte le solite accorate e sterili riprovazioni, pare proprio di sì, anzi, in quel mondo ci sono potenti Paesi che armano e si arricchiscono proprio grazie alle azioni di questi innominabili macellai. Sfruttano le loro ingenti risorse petrolifere e lasciano che tutto proceda as usual. “Non c’è belva tanto feroce che non abbia qualche senso di pietà – scrive Shakespeare nel suo Riccardo III – ma io non ne ho alcuno, giacché non sono una belva”.
Franco Nofori
franco.kronos1@gmail.com
@FrancoKronos1
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