Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 10 settembre 2018
Davanti ad una platea di oltre trecento delegati del partito al potere, Movimento Popolare per la Liberazione dell’Angola (MPLA), l’ex presidente dell’Angola, José Eduardo dos Santos, ha dato il suo addio alla vita politica, che lo ha visto protagonista sullo scenario della ex colonia portoghese per quasi quarant’anni.
L’anziano leader ha ceduto ora anche le redini dell’MPLA a José Lourenço, suo delfino e successore alla guida del Paese. Dos Santos, durante il congresso straordinario, che si è tenuto sabato nella capitale Luanda, ha pronunciato il suo ultimo discorso, salutando i presenti con le seguenti parole: “Oggi, a testa alta, mi alzo in piedi per cedere il testimone al compagno Joao Lourenço”.
“Solo sbagliando si impara”, ha detto tra l’altro l’ex dittatore, ammettendo così pubblicamente di aver commesso “errori” durante i quasi quarant’anni alla guida del suo Paese.
I delegati hanno eletto nel pomeriggio di sabato Lourenço – l’unico candidato – come nuovo presidente del raggruppamento politico.
Josè Edoardo dos Santos nasce nel 1942 in un quartiere povero di Luanda (Angola). Sa cosa significa la repressione: si iscrive ancora giovanissimo all’ MPLA (Movimento popolare di liberazione dell’Angola) e nel 1956 il governo coloniale lo costringe all’esilio. Dapprima in Francia, poi in Congo e per ultimo si trasferisce in Russia, dove termina gli studi come ingegnere. Torna nel suo paese nel 1970 e, dopo l’indipendenza dal Portogallo, nel 1975 diventa ministro degli esteri. Nel 1979, dopo la morte di Agostinho Neto, viene scelto come presidente, carica che ha ricoperto fino allo scorso anno.
Dos Santos aveva fatto tante promesse al suo popolo. E il suo popolo gli aveva creduto. Certo, lui era uno di loro, aveva sofferto insieme a loro durante il periodo coloniale, aveva combattuto per la libertà, ma come molti governanti africani, anche lui nei lunghi anni di potere, si era trasformato in feroce dittatore.
Poco prima di uscire dalla scena politica come leader del Paese, dos Santos aveva preparato il futuro dei suoi figli, dei suoi protetti, delle persone di sua fiducia, che occupavano tutti i posti chiave della ex colonia portoghese. Una delle ultime leggi che aveva fatto approvare a grande maggioranza dal Parlamento prevedeva che le scelte che riguardavano i manager economici e i leader politici, effettuate dal presidente uscente non possono essere cancellate dal nuovo capo di Stato. Ma Lourenço, a novembre 2017, ha silurato ugualmente Isabel dos Santos, figlia del suo mentore, da presidente della Sonangol, la compagnia petrolifera nazionale. All’inizio dell’anno ha rimosso anche il figlio dell’ex presidente, José Filomeno dos Santos, dalla presidenza del fondo statale petrolifero. Da marzo José Filomeno è anche indagato per appropriazione indebita.
Per questi motivi i rapporti tra dos Santos e il nuovo capo dello Stato erano molto tesi da mesi e già a maggio l’Agenzia di stampa portoghese LUSA, aveva riportato che presto l’anziano leader si sarebbe dimesso come presidente del raggruppamento politico al potere nella ex colonia lusitana, posizione che in teoria avrebbe potuto conservare fino al 2022.
L’Angola è uno dei maggiori produttori di petrolio dell’Africa, secondo solo alla Nigeria, eppure il trenta per cento della popolazione vive in povertà estrema, vale a dire con meno di 1,9 dollari al giorno.
L’aspettativa di vita è relativamente bassa, non supera i cinquantuno anni, mentre la malnutrizione infantile è tra il trenta e il quaranta per cento.
Cornelia I. Toelgyes
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