Costantino Muscau
Milano, 6 settembre 2018
La più famosa scarpetta sinistra perduta era quella di Cenerentola. Fino a giovedì 30 agosto, quando – pare – Conselsus Kipruto si alzò col piede sinistro. La sera stessa, però, grazie al piede sinistro senza scarpetta (chiodata), l’eventuale malumore gli passò guadagnando cinquanta mila dollari. Conselsus Kipruto è uno che ha i piedi per terra, nonostante li sollevi con una frequenza altissima essendo tra i più forti mezzofondisti del pianeta.
I piedi in testa, lui, non se li fa mettere da nessuno, neppure dal suo più agguerrito rivale, il marocchino Soufiane El Bakkali.
Conoscevamo il piede sinistro di dio, ma con la scarpa e limitatamente al mondo del pallone. Si pensi ai calciatori di qualche secolo fa tipo Mariolino Corso, Gigi Riva, al brasiliano Eder, a Maradona (anche se a dir la verità il campione argentino è passato alla storia come “mano de dios” per il gol segnato irregolarmente all’Inghilterra nei Mondiali ’86)
Ora, nell’Atletica moderna, il piede sinistro umano più celebre, senza scarpa, è il suo: quello di Conselsus Kipruto, 23 anni a dicembre, keniota, campione mondiale e olimpionico dei 3000 siepi. Il 30 agosto scorso ha vinto incredibilmente la gara di cui è specialista nella tappa di Zurigo della Diamond League 2018, il circuito internazionale più prestigioso dell’Atletica.
Il giovane campione keniota è riuscito ad arrivare primo correndo 2500 metri privo della bianca scarpa sinistra chiodata, che gli è volata via poco dopo l’inizio della corsa. Per la precisione, dopo un minuto e 24 secondi, circa 500 metri dal via. L’atleta, che era in seconda posizione, non si è scomposto per questa “zeppa sui piedi”, pardon sul piede (sinistro). Ha continuato a correre per 6 minuti e 54 secondi riuscendo alla fine a vincere in modo strabiliante, dimostrando di non avere .. piedi di argilla e mandando in delirio i venticinquemila spettatori dello stadio Letzigrund.
E non solo loro. “Uno scalzo meraviglioso”, lo ha, infatti, definito un giornale del Kenia. “Dimostrazione di spirito indomito, di determinazione e forza di carattere”, ha twittato in stile simil-mussoliniano il vicepresidente dello Stato, William Samoel Ruto.
“Bravo, hai fatto qualcosa di inimmaginabile”, si è entusiasmato un altro campione di corsa, Gilbert Koech.
Un entusiasmo che travolto anche l’IAAF (l’Associazione internazionale delle Federazioni di Atletica Leggera, cioè l’organizzazione che cura questa sport a livello mondiale), che ha dichiarato: “Provateci voi a correre senza una scarpa per 2500 metri e vincere!”.
E lui, il protagonista della sorprendente performance?: “E’ stato un bel casino – ha commentato mentre, claudicante, andava a riscuotere il premio di cinquantamila dollari dal presidente della IAAF, Sebastian Coe –. Duro e doloroso ma mi sono sentito ancor più motivato a impegnarmi più che potevo”. Al punto che ha raggiunto e superato sul filo di lana un tostissimo avversario, il marocchino Soufiane El Bakkali, ormai certo della vittoria.
L’agente di Conselsus, Michel Boeting, è arrivato anche a diffondere la foto del piede sinistro martoriato dalla perdita della scarpa e fasciato dalla medicazione. Il quotidiano “Daily Nation” di Nairobi ha citato il tweet di un fan, James Ronoh, che ha alzato il velo dei ricordi: “La sua vittoria da scalzo mi ha riportato all’infanzia, quando nel villaggio giocavamo a pallone per ore, senza scarpe, senza intervallo, senza badare alle ferite..”. Insomma si è scatenata una venerazione del piede (sinistro) da far invidia a quello (destro) di santa Teresa d’Avila, custodito in un reliquiario nella chiesa di Santa Maria della Scala a Trastevere, in Roma.
Intendiamoci: non è la prima volta che un atleta conclude una corsa con tale handicap. Il sito della Iaaf li elenca tutti puntigliosamente.
Il caso più celebre, ovviamente, risale al 1960, Olimpiadi di Roma, dove l’indimenticabile etiope Abebe Bikila vinse la maratone a piedi nudi. E sapete perché? Convocato all’ultimo momento, si accorse che le scarpe affibbiategli erano scomodissime e decise di correre senza! Quattro anni dopo a Tokio, concesse il bis, ma con “un par de scarpe nove”, canterebbe Nino Manfredi. “Scarpe nove” e confortevoli…
Più recentemente, nel 2017, un’altra keniota, Celliphine Chespol, diciotto anni, nella medesima distanza femminile, nella medesima Diamond League, in Eugene (Oregon) perse la calzatura (destra) a 550 metri dal traguardo, si fermò per riallacciarla e..vinse. Segnando il secondo tempo più veloce di sempre.
I kenioti, però, devono avere un problema con questi indispensabili accessori, talora – vien da pensare – fatti proprio con i…piedi. Prendiamo Eliud Kipchoge, trentaquattro anni, connazionale di Chespol e Kipruto, campione olimpico della maratona (Rio, 2016). Nel 2015, dominò la distanza dei 42 chilometri, a Berlino, con le solette , o sottopiedi, delle scarpe penzolanti…Un incidente senza precedenti, una tortura per il corridore e un’opportunità per la casa produttrice di correre ai ripari.
La situazione più controversa si verificò a Stoccarda nei 1993, durante i 10 mila metri dei campionati mondiali di Atletica. All’ultimo giro Moses Tanui perse la scarpa (e la medaglia d’oro e la pazienza) dopo un contatto con l’etiope Haile Gebrselassie, che gli stava alle calcagna. Curiosamente, sempre in quei campionati di Stoccarda, gli incidenti si moltiplicarono. Nella finale dei quattrocento metri maschili le scarpe del campione olimpionico, l’americano Quincy Watts, si rivelarono…mezze calzette: si disintegrarono. E Watts dovette rinunciare al primo posto sul podio. Nei 3000 siepi il pluriolimpionico yankee Mark Douane Croghan vide volar via la soletta e si classificò al quinto posto. Quando si dice rimetterci anche la suola delle scarpe. Il bello è che Croghan poi rivelò di aver acquistato le solette in un outlet. Forse per risparmiare…
Sorvoliamo su altri episodi, perché sarebbe ingiusto trascurare i molti atleti africani che hanno brillato nella Diamond League. A forza di parlare di un piede nudo, si rischia, infatti, di scrivere un articolo con i…piedi.
E di fare torto, ad esempio, ad altri due kenioti, Hellen Obiri ventinove anni, dominatrice dei cinquemila metri e Timothy Cheruiyot , ventidue anni (millecinquecento metri), ai sudafricani Luvo Manyonga (salto in lungo) e Caster Semenya (ottocento metri) e all’ivoriana Murielle Ahoure (cento meri), stelle nella notte di Zurigo.
Il giorno dopo, 31 agosto, venerdì, a Bruxelles, ultima tappa della Lega del Diamante, l’Africa (o con le scarpe o senza scarpe, come cantavano gli alpini) ha fatto sentire ancora la sua voce: negli ottocento metri maschili ha trionfato il keniota Emmanuel Kip; nei tremila siepi femminili le prime tre sono state del Kenya, con in testa Beatrice Chepkoech; nei cinquemila metri maschili il dominio dell’Etiopia è stato straripante, con i primi cinque guidati dallo stratosferico Selemon Barega: appena diciottenne Selemon è entrato nella leggenda (dicono gli esperti) conquistando non solo il primo posto, ma anche segnando – così giovane –il quarto tempo assoluto nella storia dei cinque chilometri. Ha coperto la distanza in meno di tredici minuti.
Tornando a Kipruto, il “cenerentolo” si appresta a scendere in pista l’8-9 settembre a Ostrava, Repubblica Ceca, che ospita la Coppa Continentale IAAF. E’, questa, una manifestazione internazionale quadriennale alla quale prendono parte quattro squadre: Africa, Americhe, Asia e Pacifico. Con Kipruto, a rappresentare l’Africa nei tremila siepi, correrà il marocchino Soufiane El Bakkali, quello battuto da scalzo.
Entrambi, stavolta, sul piede di guerra per far fare, uniti, bella figura al Continente nero. Con la scarpa giusta, si spera.
Costantino Muscau
muskost@gmail.com
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