Franco Nofori
Mombasa, 6 settembre 2018
L’ecletticità africana è leggendaria e chi vive in quel continente avrà certamente avuto modo di sperimentarla più volte. Viene prevalentemente praticata dai jua Kali che, tradotto dallo swahili, sta letteralmente per “sotto il sole” e definisce coloro che – autopromossi al ruolo di tecnici – svolgono il loro lavoro all’aperto provvisti di una strumentazione standard: pinze, martello e cacciavite. Con questa dotazione fanno (o cercano di fare) pressoché tutte le necessarie riparazioni e – sorprendentemente – ci riescono quasi sempre, anche se il risultato è spesso di breve durata.
Una delle più recenti trovate, però, non riguarda i jua Kali, ma i pescatori della costa del Kenya che hanno trovato un davvero peculiare uso del profilattico, ormai universalmente conosciuto come “Condom”. Nel tentativo di combattere l’alto tasso d’incremento demografico e la trasmissione d’infezioni virali, il governo del Kenya, almeno fino a qualche anno fa, forniva i condom gratuitamente e aveva anche attivato una campagna di sensibilizzazione affinché se ne facesse un uso appropriato. Purtroppo questa iniziativa non ha avuto molto successo: le maternità indesiderate sono continuate, così come sono continuate le malattie originate da rapporti sessuali non protetti.
Se non è servito allo scopo per cui era stato concepito, il condom, ha comunque trovato la sua collocazione nell’attività di pesca: si prende il profilattico; con un panno asciutto si libera dal lubrificante che contiene e anziché infilarlo là dove è previsto lo si debba infilare, lo si fa diventare una custodia per il cellulare. Basta poi fare un nodo ben stretto nella parte eccedente ed ecco che si è ottenuto un perfetto telefono anfibio, utilissimo per chiedere soccorso se ci si trova nel be mezzo di un’inclemente tempesta o la barca si rovescia.
Per quanto originale, il primato per l’uso del preservativo, per usi diversi da quelli concepiti, non spetta però ai pescatori del Kenya. Prima di loro, l’hanno impiegato i cubani in un’estesa varietà di modi, tra cui quello di tapparci le bottiglie di liquori in modo che i gas prodotti dal processo di fermentazione non facciano esplodere i contenitori, per trasformarli in palloni con cui far giocare i bambini e per coprirsi la testa in modo da fissare la messa in piega dei capelli delle signore.
La poliedricità africana nell’impiego dei più disparati strumenti di protezione, era già stata sperimentata a Zanzibar un po’ di anni fa, da una NGO italiana che aveva fornito alla popolazione meno abbiente, centinaia di zanzariere per combattere la diffusione della malaria, per poi accorgersi (con sgomento) che molte di quelle zanzariere, in luogo di proteggere il sonno degli abitanti, venivano utilizzate come reti da pesca.
Certo è che i pescatori keniani sono protetti dalla scarsa attitudine inquisitoria delle proprie consorti. Per noi sarebbe infatti difficile giustificare la presenza di profilattici nelle nostre tasche attribuendola all’innocente intento di proteggere il nostro smartphone dalle avversità atmosferiche.
Franco Nofori
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