Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 4 settembre 2018
La Repubblica di Mauritius rivendica davanti alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja la sovranità delle isole Chagos, un piccolo arcipelago nel bel mezzo d’Oceano Indiano dove in seguito Regno Unito e Stati Uniti hanno costruito un’importante base militare. Secondo le autorità mauriziane, nel 1965 lo stato insulare sarebbe stato costretto da Londra a cederlo alla Gran Bretagna. In cambio della sovranità britannica, nel 1968 avrebbe ottenuto l’indipendenza.
Ieri mattina, Anerood Jugnauth, ex presidente mauriziano, che all’epoca aveva partecipato ai negoziati tra il suo Paese e la Gran Bretagna per la suddivisione dei territori in previsione dell’indipendenza, ha precisato davanti ai giudici della Corte: “Dopo oltre cinquant’anni il processo di decolonizzazione è ancora incompleto”.
L’arcipelago di Chagos comprende cinquantacinque isole, ma solo tre erano abitate e i duemila residenti – descritti all’epoca in un cablogramma dai britannici come “qualche Tarzan e Venerdì” – sono stati espulsi e trasferiti sulle Mauritius, altri alle Seychelles, per poter costruire la base militare a Diego Garcia. Secondo quanto sostiene il governo delle Mauritius, Londra era disposta a tutto pur di impossessarsi delle Chagos. Per raggiungere il suo scopo ha versato anche tre milioni di sterline nelle casse di Port Louis.
Agli inizi degli anni Settanta, con l’intensificarsi della guerra fredda, Londra e Washington hanno costruito a Diego Garcia, la più grande delle isole, la prevista base militare che, da allora, ha svolto un ruolo importante nelle operazioni militari americane: è stata utilizzata per i bombardamenti in Afghanistan e Iraq e la CIA ha adoperato la struttura per deportare le persone sospette, catturate in Afghanistan dopo gli attentati dell’11 settembre 2001.
Nel giugno 2017, l’Assemblea generale dell’ONU ha adottato una risoluzione volta a chiedere alla Corte Internazionale il suo parere consultivo sulla controversia tra Mauritius e la Gran Bretagna. I quindici giudici del principale organo giudiziario delle Nazioni Unite dovranno ora ascoltare le argomentazioni sulle conseguenze legali della separazione dell’arcipelago. La mozione delle Mauritius gode del supporto dei Paesi africani.
Alla procedura, cominciata il 3 settembre e che si protrarrà per quattro giorni, partecipano oltre all’Unione Africana, altri ventidue Paesi, tra cui Germania, Stati Uniti, Gran Bretagna, rappresentanti di Stati dell’Asia e dell’America Latina. In seguito i giudici emetteranno il loro parere consultivo entro qualche mese.
Gli sfollati delle isole Chagos e i loro discendenti sperano ancora oggi di poter ritornare un giorno nella loro terra. Il loro rappresentante, Olivier Bancoult, è fiducioso e attende con ansia una svolta favorevole per la sua gente.
La Repubblica di Mauritius si trova nell’Oceano indiano, a cinquecentocinquanta chilometri a est del Madagascar. Oltre all’isola principale Mauritius, comprende anche le Agalega, Cargados Carajos e Rodrigues.
Mauritius non ha una lingua ufficiale; quella maggiormente parlata è il creolo mauriziano, basato sul francese, con influssi sudafricani, inglesi e indiani, mentre gli atti parlamentari vengono redatti in inglese, essendo stata una ex colonia britannica. Solo il quattro per cento della popolazione è francofona.
Non esiste nemmeno una religione di Stato, quella più praticata è l’induismo. Questo perché il settanta per cento della popolazione è di origine indiana, pronipoti di immigrati portati dagli inglesi durante il periodo coloniale.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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